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Come da titolo, questo volume, essendo l'ottavo della saga, tende a essere piuttosto lento, come anche i 2-3 precedenti. Tuttavia è necessario perchè, pur non portando di molto avanti la trama, approfondisce ulteriormente i personaggi e serve a preparare le basi per avvicinarsi al finale di questa saga.
La storia procede lenta, assai lenta; tuttavia, arrivata a questo punto, ormai considero un po' come "tornare a casa" ogni volta che affronto un nuovo volume della Ruota del Tempo, e sono sempre più curiosa di vedere come andrà a finire. Caro il mio Mat Cauthon, dove sei? Troppi personaggi principali e tanti, tantissimi comprimari e comparse l'hanno fagocitato!
Niente azione o colpi di scena da cardiopalmo in questo capitolo de La Ruota del Tempo, che si può letteralmente dividere in due parti: il primo 50% della narrazione si concentra su Egwene, intenta a guadagnarsi il rispetto e l'autorità di Amirlyn Seat per non essere un semplice fantoccio nelle mani delle Aes Sedai ribelli, e su Elayne e Nyneave, di ritorno a Caemlyn ora che sono riuscite finalmente a recuperare l'agognata Scodella dei Venti. La seconda metà si concentra invece su Rand, ora minacciato non tanto dall'Ombra - praticamente nessun Reietto si affaccia apertamente sui protagonisti, questa volta - quanto dai Seanchan, tornati dalle loro terre oltre l'oceano Aryth per rivendicare questa parte di mondo. Mi manca Mat, e si percepisce la sua totale assenza. Anche ne Il sentiero dei pugnali non mancano le numerosissime e prolisse riflessioni e introspezioni dei personaggi, in realtà quasi al punto da risultare ripetitive. Sappiamo molto bene che la voce di Lews Therin Telamon è un tarlo sempre presente nella mente di Rand, ma Jordan ce lo ricorda costantemente. E come sempre, i capitoli finali sono le micce che faranno scoppiettare gli eventi del prossimo libro, che spero di leggere presto!
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