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Anno edizione: 2021
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In Senza filtri Allen Ginsberg ci insegna che non esiste cesura tra arte e vita: l’arte è naturale come la vita stessa; la poesia è la fotografia dei nostri pensieri, vive nei ritmi del nostro sangue e dei nostri respiri. E può cambiare il mondo.
«Fondamentale nel mio lavoro è l’assenza di mestiere. Non c’è alcuna arte, nel senso generico delle parole arte e mestiere. L’arte e il mestiere consistono semmai nel provare a osservare la nuda attività della mia stessa mente. Per poi trascriverla su carta. Quindi mestiere è essere lesti nell’illuminare l’attività mentale come con una torcia.»
Allen Ginsberg, la voce simbolo della Beat Generation e uno dei più influenti poeti e intellettuali del secolo scorso, parla qui in prima persona attraverso quarant’anni di interviste, interventi politici e semplici chiacchierate tra amici. Senza filtri tocca tutte le tematiche care al poeta, spaziando da ricordi personali a eventi che hanno segnato la storia e la cultura degli Stati Uniti: i numi tutelari Walt Whitman e William Blake, l’amicizia con i membri della Beat Generation – Kerouac, Burroughs, Ferlinghetti e Corso – e con Bob Dylan, le tecniche di composizione poetica, il linguaggio debitore del parlato e della cadenza jazz, la militanza politica e l’opposizione a ogni forma di autorità e dittatura, l’influenza del buddhismo e delle filosofie orientali, la vicinanza alla contestazione giovanile degli anni sessanta, l’amore per la pittura e la fotografia, l’omosessualità raccontata e vissuta senza schermi e il lunghissimo legame con Peter Orlovsky. In queste pagine Ginsberg interagisce con slancio e partecipazione con i suoi interlocutori, anche con chi lo critica o è apertamente ostile. E se nelle interviste degli ultimi anni ridimensiona gli ideali giovanili e certe posizioni utopistiche, fino alla fine mantiene un entusiasmo contagioso verso la vita e ogni manifestazione artistica.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Quando si apre un libro ci si aspetta sempre di trovare qualcosa di memorabile. E se forma e sostanza si equilibrano si riesce addirittura a parlare di capolavoro. Appena è uscito questo volume del Saggiatore, anche consigliato dalla mailing di IBS, sinceramente l'ho acquistato subito. Eppure fin dalle prime pagine del testo qualcosa ha cominciato a inceppare la mia euforia iniziale. Immaginate di comprare il vinile di un cantante o di una musica che amate alla follia, scartarne il cellophane protettivo, estrarlo dalla confezione cartonata e quasi come atto liturgico sacramentale riporlo sul piatto girevole del giradischi. Chiudendo gli occhi fate un grande respiro e aspettate che la musica, trasmissione metafisica oltre il tempo e lo spazio di emozioni e idee, vi avvolga completamente fino al terminare della sua fruizione. E invece, fin dai primi giri, ecco che la testina salta e salta e maledettamente risalta, e tac e tac e tac e tac... Allora, per quanto amore si può avere per quel nuovo lavoro, che si desiderava possedere per farsi possedere, ecco che qualcosa nella fase produttiva o di semplice pubblicazione non è andata per il verso giusto e quindi la forma ha squilibrato la sostanza, l'errore di realizzazione dell'oggetto ne ha limitato il pieno accesso. Insomma, l'edizione sottomano si è rivelato pieno zeppo di errori di editing. Minuscole al posto di maiuscole. Cognomi sbagliati. Vocali o consonanti assenti. Insomma un prodotto alto che per superficialità è stato totalmente penalizzato. Ora, la mia libreria è piena di testi del Saggiatore e questa è la prima volta che un testo pubblicato da questa rinomata Casa Editrice ha sporcato così malamente con acqua inquinata un bambino buddha così importante. Le idee-sostanza di Ginsberg sono tante e importanti da leggere ma l'edizione-forma della pubblicazione, è illeggibile. NON CONSIGLIATA LA PRIMA EDIZIONE, se ne attende la seconda riveduta e corretta.
Ecco uno di quei libri dai quali si staglia finalmente chiara, inoppugnabile, una verità: quella su cosa sia e dove dimori il genio di un uomo. Mi viene da scriverla così, diretta, senza troppi lacci ad abbellirla e guastarla: il genio è chi ti sa stupire in una risposta. E' l'inatteso del semplice che spiazza, che scardina e seduce, che illumina di botto ed entra nell'orecchio come una sentenza mai udita, il taglio di un avvento sensibile. E dove pesanti trattati di logica stantia vanno a perdersi in trite fiumane di parole lì, in quel verbo striminzito e asciugato, magari corredato da un sorriso anche distratto, troviamo di colpo la complessità risolta, nuda e indifesa dinanzi a ciò che siamo e che tentiamo da sempre di rincorrere. Sia essa una schietta definizione delle cose, un istante strappato all'ombra di esperienze oscure, una similitudine, un sogno tradotto, un'immagine. La vera potenza del genio è proprio nel suo sfoltire ogni stupida e crassa retorica nell'unicità di una dolcezza sovversiva, stranente. Ed eccone qui la prova stupenda. Viene chiesto a Ginsberg come nascano i suoi versi, da quali distanze o scavi o sentimenti essi si affaccino. Ed egli che fa? Risponde demolendo ogni ordine dato. Sentite qui: "Fondamentale nel mio lavoro è l'assenza di mestiere, non so cosa faccio. L'arte e il mestiere consistono semmai nel provare a osservare la nuda attività della mia stessa mente. Per poi trascriverla su carta. Quindi mestiere è essere lesti nell'illuminare l'attività mentale come una torcia. Nell'intrappolare l'arcangelo dell'anima, per caso, diciamo". Intrappolare l'arcangelo dell'anima. Ma conoscete meraviglia più sorprendente? Un verbo che suona basso e furbo (intrappolare) e insieme necessario, l'unico a decidere davvero le sorti di un verso, di una riga, di un giro di parole cosciente di potersi dire vivo, sincero, cantando l'oltre a cui aspira la poesia, e afferrandolo. E dimostrando che a certi livelli anche gli arcangeli amano farsi catturare.
Recensioni
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