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Skippy muore. Paul Murray ci tiene che i suoi lettori non si illudano, e lo scrive chiaro e tondo fin dal titolo. Poi Skippy lascia questo mondo già a pagina 5, giusto per non lasciare dubbi. Chiaro. Cristallino. Peccato che poi da pagina 6 cominci un lungo, lunghissimo flashback. E tu, povero lettore, segui le tragicomiche avventure di un gruppo di 14enni in una scuola irlandese cattolica e conservatrice, capaci di passare senza battere ciglio dal discutere su quanto esca bene a Geoff fare una voce sepolcrale, alla scientificità della teoria delle stringhe. Ed inesorabilmente te ne innamori. E Skippy. Skippy che si innamora di Lori perché tira un fresbee da sola. Che con la sua stramba placidità fa da collante nel suo gruppo di amici. Che non riesce a dire perché a volte si senta così male, e si ritrova troppo spesso circondato da adulti che o lo giudicano, o lo affossano. Nonostante tutte le prove oggettive che ti vengono contro, non puoi fare a meno di sperare che Skippy si salvi. Che Paul Murray ti abbia voluto giocare un enorme scherzone, e che in realtà ciò che hai già letto, non si realizzerà. E invece niente; Skippy muore definitivamente a pagina 400, lasciando te e tutti gli altri personaggi a gestire la sua dipartita e le sue conseguenze. Quindi "Skippy dies" non è solo la storia di Skippy. Racconta anche di Ruprecht, che vorrebbe scoprire la verità ultima dell'universo; di Dennis, che non ha ancora 15 anni e ha già deciso che essere cinici è il solo modo per sopravvivere a questo mondo; di Carl che pensa che il dolore sia l'unico modo per sentire qualcosa; di Lori che ancora sogna di amori contrastati e ribelli. Racconta di adolescenti scemi, romantici, sciocchi, aggressivi e idealisti, circondati da adulti che fanno di tutto per ingrigirli in compromessi facili e crudeli. Adulti che molto probabilmente vinceranno. Ma forse - forse - non sarà una vittoria completa. Ed è questo ciò che conta davvero.
Merita di stare di fianco a Infinite Jest, semplicemente.
Il libro, fino a tre quarti, mi è piaciuto molto: spassoso (a tratti esilarante), leggero ma con riflessioni profonde. Un'inconsueta maturità per un autore giovane. Probabilmente più adatto ad un lettore che non ad una lettrice: le situazioni adolescenziali narrate (episodi, imbarazzi, aspettative) sono narrate esclusivamente da una punto di vista maschile, con una sensibilità tale che ognuno di noi maschietti sicuramente ci si ritroverà. Nell'ultima parte, il libro cambia. L'autore esagera, mette troppe cose tutte insieme (troppo complesse, non tutte necessarie) ed il libro perde equilibrio e misura (un errore consueto per un autore giovane) Il libro però merita. In particolare mi ha colpito l'evoluzione dei sentimenti che il libro genera nel lettore quando lo porta a confrontarsi con la morte di Skippy: da un'iniziale indifferenza di una distratta lettura di un fatto di cronaca, ad una reale consapevolezza di vuoto e di cose perdute.
Recensioni
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