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Judith Butler, docente a Berkeley in California ed esponente di primo piano dei Gender Studies e delle discussioni sul femminismo, in questo libro, che rielabora la sua tesi di dottorato a Yale, mette al centro della ricezione francese di Hegel la questione del desiderio, considerandola una categoria imprescindibile (come già a suo tempo Kojève) per confrontarsi con il significato stesso del lavoro filosofico.
Quando, tra il 1933 e il 1939, Alexandre Kojève propose al suo composito uditorio, riunito presso l'École des Hautes Études, una nuova e insolita lettura della Fenomenologia dello spirito di Hegel (dopo quella di Jean Wahl in La coscienza infelice nella filosofia di Hegel, 1929), individuava i temi centrali attorno ai quali avrebbe ruotato una parte consistente della filosofia francese e metteva a fuoco una serie di problematiche (riconoscimento, violenza, rapporto tra individuo e storia) che non potevano essere facilmente eluse dalla filosofia contemporanea.
Koyré, Merleau-Ponty, Sartre, Deleuze, Foucault, Derrida per giungere sino ad Alain Badiou e Jean-Luc Nancy ognuno con la propria esigenza speculativa hanno variamente declinato nelle loro opere un confronto serrato con la filosofia hegeliana e ricorrono spesso nel volume di Butler, che scrive: "Il desiderio è stato raffigurato molte volte come l'Altro della filosofia. Il desiderio, in quanto immediato, arbitrario, immotivato e animale, è ciò che dev'essere superato: esso minaccia di indebolire l'attitudine al distacco e all'oggettività che ha condizionato, in modalità alquanto variegate, il pensiero filosofico". Il desiderio costituisce la parte oscura della realizzazione del soggetto come autocoscienza assoluta, e ha il suo luogo nel contrasto che vede contrapposte le figure del Signore e del Servo nella Fenomenologia. Per Hegel, il desiderio non ha alcuna funzione se non nella dimensione dialettica, quindi relazionale, tra queste due figure. Il confronto Servo-Signore costituisce la genesi del riconoscimento, che ritrova la sua ragion d'essere nel costante conflitto dialettico tra categorie opposte e di per sé inconciliabili. Su di un piano, infatti, si situa il Signore con la sua capacità-necessità desiderante: egli, per questo, costruisce la propria storia a partire dalla lotta costante contro la morte; mentre il Servo, che non ha propriamente desiderio, poiché non ambisce a fronteggiare la morte, costruisce i propri oggetti d'uso a partire da una materialità continuamente abbassata al rango di ciò che è caduco e, per questo, finito.
Come sostiene Butler, "affermare che il desiderio è semplicemente una forma povera del conoscere e dell'essere nel sistema di Hegel è equivocare lo standard di verità che governa la Fenomenologia in generale". Infatti, "l'acquisizione graduale di una sempre maggior complessità da parte del desiderio l'accrescersi del carattere inclusivo dei suoi obiettivi intenzionali equivale, nella Fenomenologia, al principio del progresso". È solo attraverso il rapporto desiderio-riconoscimento che si manifesta l'alterità come socialità; ed è proprio attraverso questo stesso rapporto che la socialità si fa storia. Desiderio, riconoscimento e storia costituiscono il perno del sistema dialettico hegeliano.
Si capisce perciò l'interesse di Sartre per la Fenomenologia hegeliana: tutta l'opera sartriana potrebbe a buon titolo essere considerata un continuo commento al filosofo jenese. "Nella concezione sartriana scrive Butler il desiderio è una forma di conoscenza nella misura in cui esso 'concepisce' il suo oggetto in un dato modo, ossia in quanto il desiderare è sempre coestensivo all'immaginare". Il desiderio, per Sartre, "tematizza l'assenza e la rende quindi presenza a se stesso. In tal modo il desiderio è, fondamentalmente, un desiderio di pienezza, lo sforzo di colmare i vuoti della vita percettiva". Per Sartre, il desiderio corrisponde allo spazio di un'assenza da riconoscere e da riempire di significato.
Su una linea parallela ma differente si situano Foucault e Deleuze. Il primo, infatti, nello scritto del 1971 Nietzsche, la geneaologia, la storia, tematizzando l'assenza completa del soggetto nella storia, ribalta la concezione presente nella Fenomenologia. Per Foucault, come sottolinea Butler, "i termini dell'opposizione dialettica non si risolvono in altri termini più sintetici ed inclusivi, ma tendono piuttosto a frantumarsi in una molteplicità". Foucault concepisce la soggettività a partire da un'assenza costitutiva del soggetto, che compare solo come vettore di forze molteplici e non ha una finalità precostituita. Parimenti, per Deleuze (che si confronta con Hegel in opere come Nietzsche e la filosofia, Logica del senso e Differenza e ripetizione), la società capitalistica costruisce il proprio apparato desiderante per formare e fare emergere soggettività sempre meno definite: la volontà di potenza nicciana, in questa dimensione, è contrapposta all'autorealizzazione del soggetto storico hegeliano.
Il volume di Butler, come sottolinea Adriana Cavarero nel suo saggio introduttivo, tra le due direttrici dell'autorealizzazione e della volontà di potenza, fa emergere la presenza di un soggetto ek-statico: un soggetto che, pur essendo continuamente fuori di sé, non si fa mai affascinare dalla tentazione dell'origine.
Gianluca Giachery
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