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scheda di Bonasia, E., L'Indice 1993, n. 6
J.- M. Quinodoz, analista ginevrino di formazione kleiniana, con questo lavoro colma un vuoto della letteratura psicoanalitica, in cui sono piuttosto scarse le pubblicazioni specifiche sull'angoscia di separazione. Il titolo suggerisce la tesi sostenuta: il sentimento di solitudine, vissuto con panico da molti, può, con la cura analitica, essere addomesticato e diventare fonte di creatività personale.
Il libro si divide in tre parti. La prima è occupata dalla presentazione di un caso clinico, con la vasta gamma di reazioni (angoscia, rabbia, depressione, 'acting out', reazioni somatiche) legate alle separazioni che occorrono nella vicenda psicoanalitica, assieme alla trasformazione cui dette reazioni vanno incontro durante la cura. In tale contesto è assai puntuale la distinzione tra "separazione" (una persona lascia l'altra) e "separatezza" (cioè il sentimento di sentirsi distinto dall'altro) con le loro complesse interconnessioni.
La seconda parte contiene un'organica ed esauriente sintesi delle varie teorie psicoanalitiche sull'angoscia in generale e sulla separazione in particolare: Freud, Klein e la sua scuola (Rosenfeld, Segal, Bion, Meltzer), Fairbain, Winnicott, Spitz, Mahler, Kohut, Bowlby. Una critica per quanto riguarda la trattazione di quest'ultimo autore: Quinodoz, pur riconoscendo che Bowlby è riferimento d'obbligo per chi si occupa di separazione, ne tratta il contributo troppo sbrigativamente, sostenendo inoltre che la sua concezione, connotata da elementi cognitivistici ed etologici, è più biologica che psicoanalitica. Tale critica sembra sottesa da un'implicita assunzione, e cioè che biologia, realtà esterna e contributi derivanti da altre discipline non siano compatibili con la psicoanalisi: posizione che alcuni analisti, e io tra questi, non condividono.
La terza parte tratta le varie espressioni transferali dell'angoscia di separazione assieme al modo di interpretarle: un assai pregevole compendio di clinica e di tecnica che, pur ancorato al modello kleiniano, può allontanarsene privilegiando l'ascolto di quanto il paziente ha da dire con un agile andirivieni tra teoria, clinica e tecnica. L'autore non dimentica che gli affetti della separazione mettono a dura prova il controtransfert dell'analista, però evidenzia poco il fatto che l'angoscia di separazione coinvolge entrambi i membri della coppia analitica e che l'analista talvolta vorrebbe trattenere il paziente nel tentativo di evitare egli stesso l'elaborazione del lutto.
Nella parte conclusiva l'autore, partendo dal concetto di introiezione dell'oggetto buono, elabora l'originale concetto di "portanza", in cui sono incluse varie acquisizioni che vanno dalla capacità di "portarsi" con le proprie ali nel volo della vita a quella di tollerare la coscienza della precarietà mortale propria e degli oggetti. Proprio tale consapevolezza costituisce la spinta a rendere creativa la vita di ognuno. Ciò, per l'autore, è l'arrivo, forse troppo ottimistico e idealizzato, di un'elaborazione analitica profonda dell'angoscia di separazione.
La particolare attenzione della traduttrice, M. Roullet, e del curatore, F.Borgogno, per gli aspetti filologici e concettuali impreziosiscono ulteriormente questo libro.
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