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L'essere umano è l'unico animale che cucina. Ma mettere sul fuoco un hamburger non è lo stesso che cuocere al sangue una costata di manzo con 50 grammi di burro dopo averla salata e spruzzata di pepe nero schiacciato con la lama del coltello. Questi due atti il primo espressione di una cultura nutrizionale l'altro di una saporita sapienza appartengono a due mondi agli antipodi. Mondi che non si toccano ma è quasi certo che il primo ucciderà il secondo – cioè lo svuoterà lo scimmiotterà lo ridicolizzerà. è il confronto – storico filosofico estetico – tra questi due mondi l'essenza del libro di Simonetti fondatore negli anni ottanta del mensile Gola e autore per DeriveApprodi di quattro romanzi dedicati al cibo. Simonetti constata che gli atti alimentari hanno perduto l'esigenza della cerimonia e del comico. La prima parodia assoluta del rigore scientifico e il riso come condimento che può far diventare commestibile il reale. Rigorosa è la struttura del libro. In ogni capitolo c'è un soggetto di riferimento – un quadro l'aceto il vino le mele il seno femminile una scena o un oggetto erotico un grande cuoco – intorno al quale l'autore elabora diorami di passato e di presente. Alla fine del capitolo la ricetta la prassi che segue a ogni elaborazione teorica. Eccola la sostanza del desiderio che è sempre e solo desiderio di conoscenza. Infatti e questo spiega il sottotitolo del libro la nostra arte non ha niente a che fare con il problema dell'alimentazione piuttosto essa tende a definire a educare a una fame sublime come diceva il grande cuoco Marie-Antoine Carême. Ci sono parole ricorrenti nel libro che inanellate annodano il filo rosso tra le tante materie trattate. Primeggiano spettacolo isteria merce. Gli impostori che ci governano non erano in grado prima di essa (cioè dell'isteria) di mentire su ogni cosa né di vedere le loro menzogne rese verosimili dallo spettacolo. E la merce? Siamo passati grazie al capitalismo dalla schiavitù alla domesticazione. La merce siamo noi.
Gabriella Urbani
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