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Struggente, il demoniaco che si unisce all'innocenza, la solitudine, e infine l'annientamento forse come ultimo riposo. Molto utile in tutti questi libri l'introduzione, e la vita dell'autore. Si può così capire meglio in quale momento storico e culturale prende vita l'opera.
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recensione di Amitrano, G., L'Indice 1994, n.10
Tra gli eventi che in Giappone scandiscono il passare delle stagioni, la fioritura dei ciliegi in primavera è senz'altro il più celebrato. Chi ha letto "Neve sottile" di Tanizaki ricorderà le sorelle Makioka che, indossati i kimono più belli, si recano ogni anno ad ammirare bellezza dei fiori. Ma oggi le cose sono cambiate, e quando all'inizio di aprile i primi petali color rosa pallido vengono avvistati nelle regioni più calde dell'arcipelago, radio e televisione ne danno l'annuncio con un'eccitazione più vicina al tifo sportivo che alla contemplazione estetica. L'interesse per questa gloriosa manifestazione della natura, testimoniato anche dalla letteratura classica, è andato assumendo progressivamente dei connotati più sociali che poetici. I giardini di ciliegi sono sempre più spesso mete di gite aziendali, con comitive di impiegati che banchettano e si ubriacano, indifferenti alla grazia dei petali che li sovrastano. Ma nonostante la decadenza di questa tradizione, la fioritura dei 'sakura' continua ad avere profonde risonanze simboliche. I fiori di ciliegio sono un emblema della bellezza, ma nella loro caducità evocano l'idea della transitorietà dell'esistenza, e per questa duplice qualità sono stati assunti a simbolo degli ideali etico-estetici del samurai, fino ad assumere, nel corso della seconda guerra mondiale, coloriture nazionalistiche.
Ma soprattutto, a differenza della serena malinconia ispirata dal rosseggiare degli aceri in autunno, un alone di mistero e di inquietudine, una vaga attesa di morte sembra accompagnare il loro splendore. Molte opere letterarie e cinematografiche hanno sottolineato questo aspetto angoscioso, ma l'autore che ha espresso nel modo più memorabile l'atmosfera sinistra che può annidarsi in uno spettacolo di così grande bellezza è Sakaguchi Ango (1906-55) in un racconto del primo dopoguerra, "Sotto la foresta dei ciliegi in fiore", ora pubblicato insieme ad altri tre nell'omonimo volume edito da Marsilio nella collana "Mille gru" per la cura competente e sensibile di Maria Teresa Orsi. La fama di questo scrittore geniale, la cui vita disordinata percorsa da tendenze autodistruttive può ricordare quella del suo quasi coetaneo e da noi ben più noto Dazai, è legata soprattutto al romanzo "L'idiota", inedito in Italia, e a questo racconto, distillato di raffinata crudeltà.
Un feroce bandito fa prigioniera una donna con l'intenzione di arricchire di un nuovo esemplare la sua collezione di mogli succube e timorose. Ma la nuova preda si rivela di una tempra diversa e, approfittando della propria straordinaria bellezza, riesce a soggiogare l'uomo e lo costringe a uccidere una dopo l'altra le mogli precedenti, tranne una che manterrà come sua schiava. Da quel momento la donna rivela una sete insaziabile di morte. Istiga il bandito a commettere omicidi sempre più numerosi, e ottiene le teste delle vittime per giocarci in un suo macabro teatrino. Quando infine l'uomo decide di sottrarsi alla sua tirannia, essa si trasforma in un demone, rivelando la sua vera natura. Egli riesce a strangolarla, ma un attimo dopo tra le sue mani non restano che fiori. La donna si è trasformata in petali di ciliegio che un vento gelido sparge nella solitudine della montagna. Nonostante i numerosi efferati delitti del bandito e i macabri dettagli con cui Ango descrive il demone femminile che gioca con teste in avanzato stato di decomposizione, l'inquietudine che impregna il racconto nasce soprattutto dalla presenza incombente della foresta di ciliegi, dai cui rami ogni primavera i petali sbocciano fitti nel loro abbagliante pallore. All'ombra degli alberi si stende sempre un vento gelido "perché sotto i fiori c'è l'infinito".
Anche se una visione cupa e pessimistica è l'elemento unificante del libro, l'atmosfera è in parte diversa nei primi due racconti: in "Kanzan* prevalgono i toni grotteschi e nel "Gran Consigliere Murasaki" quelli fiabeschi. Nell'ultimo invece, "La principessa Yonaga e Mimio", nel rapporto tra i due protagonisti riaffiora la componente sadomasochistica e la figura femminile ricorda, per il fascino irresistibile che si sposa a un demoniaco desiderio di distruzione, la donna di "Sotto la foresta di ciliegi in fiore". È superfluo sottolineare in entrambi i personaggi il trionfo della misoginia di Ango, che eccelle nella descrizione di queste 'femmes fatales' assolutamente terrificanti. I cultori della vena di crudeltà estetizzante che ha una delle espressioni più alte nella "Vita segreta del signore di Bushu" di Tanizaki troveranno in questo libro una nuova gemma di tale preziosa (e morbosa) tradizione della letteratura giapponese.
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