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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2012
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Vasta si riconferma in un bellissimo libro, sicuramente più leggero del primo e anche meno appagante dell'esperienza precedente. Ad ogni modo una bellissima passeggiata narrativa nell'Italia d'oggi.
Recensioni
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Se Gomorra è stato come un cazzotto nello stomaco del lettore, i libri di Giorgio Vasta sono un risveglio improvviso da un lungo incubo, una presa di coscienza più profonda e disperata. Non appena metabolizzato Il tempo materiale (minimum fax, 2008; cfr. "L'Indice", 2009, n. 6), forse uno dei libri più importanti di questi anni tanto per il tema che per lo stile insieme analitico e poetico, il quarantenne Vasta pubblica un breve romanzo-viaggio-saggio sul nostro disastrato presente culturale e politico, riuscendo a decifrare, senza la pretesa di dare risposte, la formula alla base, l'algoritmo della nostra compiuta trasformazione antropologica, in una parola: Berlusconi.
Spaesamento, uscito nella collana "Contromano", che annovera quasi sempre titoli "leggeri", è il racconto di tre giorni di fine estate a Palermo di Vasta stesso (o del suo personaggio) con il chiaro obiettivo di scandagliare il presente come se fosse, non a caso, un tempo materiale da scavare attraverso la tecnica del carotaggio usata in geologia: estrarre un campione di tessuto sociale per vedere i depositi, le trasformazioni della propria città natale, una delle città più conformiste e assopite di questi anni. Dal lungomare di Mondello, per via della Libertà che taglia in due una Palermo dove stanno morendo le palme, al mercato del Capo, Vasta si aggira, sempre assetato d'acqua, osservando i nostri simili, andando al centro della libido che ormai è diventata collettiva, un inconscio collettivo e pubblico; constata la mercificazione dei rapporti umani e sociali, nei bar che non sono più bar dove i dialoghi volgari si incrociano con le intercettazioni telefoniche tra Berlusconi e Saccà; registra la scomparsa dello spazio pubblico e la corruzione morale e definitiva dell'infanzia e dell'adolescenza. Proprio l'incontro con i bambini e gli adolescenti, le pagine più belle, conferma la visione negativa dello scrittore siciliano di un'età dove esiste il male, al di là delle fasulle idealizzazioni commerciali, la quale età diventa subito metafora generale e civile: non esiste un passato d'innocenza, infatti. Ciò che si materializza da questa passeggiata nel tempo presente, il qui e ora, è un paese dove ci si sente spaesati, dove tutti partecipano entusiasti alla deriva, ed è un partecipare che coinvolge tutti. Un panorama diventato un palinsesto e dominato dai paradossi nel quale è in atto una "tempesta neurovegetativa" che porta solo distruzione e macerie. Un paese a "somma zero", come ci dice Vasta, cioè fermo nel presente che non guarda indietro e che non ha futuro.
Da pamphlet sociale, lucidissimo e acutissimo, Spaesamento assume dunque i contorni di una vera e propria sconfitta esistenziale: "Siamo mescolati, dissolti, dunque non assolti. Siamo indistinguibili da ciò che pensiamo di contrastare", assicura Vasta, e, come proferisce "la donna cosmetica", oggetto del desiderio sulla battigia diventata in ultimo sfinge, l'assenza di dolore attesta anche quella di separazione dall'Italia di oggi, berlusconiana, mediocre e voluttuosamente senza senso. Poiché alla fine la chiave di tutto è Berlusconi, il totem da idolatrare, la scritta che i bagnanti tutti insieme compongono sulla spiaggia di Mondello per poi distruggere in una via di mezzo fra rito iconoclasta e festa da reality show. Berlusconi non ha fine perché non ha un fine, una finalità, non ha alcun progetto di futuro, non vuole riprodurre ma riprodursi in tanti cloni, come il punteruolo rosso che, alla fine, si scopre essere la causa virale della morte delle palme di Palermo. "Gli italiani vivono immersi nell'incarnazione della loro storia. Vivono nel caos del ventre dove la morte scompare, nei genitali che non generano. Berlusconi serve a questo: a giocare all'idolatria blasfema, o a giocare al nemico. Berlusconi è la sintesi di questo tempo che non trascorre".
Allora il personaggio di Vasta assomiglia al Meursault protagonista dello Straniero di Camus, specie rara nella narrativa di oggi, neoromantica e piena di eroi, uno sconfitto che va con cognizione di causa incontro alla non evitabile fine. Vasta è consapevole che l'intelligenza non basta, perché in questi anni di berlusconismo l'intelligenza è solo un palliativo. Se Pasolini, popolarizzando le conclusione della scuola di Francoforte, poteva ancora mettere in guardia nei suoi Scritti corsari e nelle Lettere luterane sulla mutazione antropologica che la nostra società stava iniziando, oggi alcuni, pochi, scrittori non possono far altro che testimoniarla, compiendo una torsione all'indietro e risvegliandoci, appunto, da un incubo durato venti o addirittura trent'anni (iniziato dal craxismo per intenderci). È questo che ha dimostrato il pur fiacco dibattito estivo, partito dalle pagine del domenicale del "Sole 24 ore", sugli "scrittori under-40": che esiste una generazione di giovani scrittori sicuramente viva e migliore dei suoi critici, dei suoi lettori e dei suoi politici. "La coscienza crea dolore, il dolore crea rabbia", dice Vasta al termine del suo Spaesamento, ed è proprio il sentimento che si prova alla fine della lettura con un altro: non indignazione, ma vergogna che, come diceva Marx, è un sentimento rivoluzionario.
Nicola Villa
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