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E’ notte e un essere umano guarda una stella. Le sue retine percepiscono qualcosa: nulla è cambiato rispetto al funzionamento delle retine di un contemporaneo Aristotele. L’evoluzione biologica, infatti, è lenta: i sensori naturali, che consentono alla nostra specie di avere percezioni, sono stabiliti su periodi così brevi da contenere appena un centinaio di generazioni. Ma il linguaggio, con cui descriviamo ciò che i sensori catturano nel mondo esterno, non è stabile: l’evoluzione culturale è rapida e provoca mutamenti nell’uso delle parole. Ciò è particolarmente vero nel caso di parole importanti come “spazio” e “tempo”, che sotto l’impulso della scienza moderna e contemporanea, sono state oggetto di radicali revisioni di senso, sino ad essere collocate nelle zone molto matematizzate della teoria generale della relatività. Nel libro si sostiene che l’uso corretto di queste parole non è solo ostacolato da difficoltà matematiche, che sono superabili con lo studio di appositi manuali, ma, soprattutto, dalle ambiguità del linguaggio quotidiano. In quest’ultimo, infatti, regna un’apparente armonia tra percezioni comuni e descrizioni tradizionali di oggetti e di fatti. Ci è difficile abbandonare tale armonia: ma dobbiamo tuttavia lasciarcela alle spalle se davvero vogliamo capire ciò che descriviamo in termini spaziali e temporali. Chi si accinge a questa impresa ripercorre, tappa per tappa, l’avventura intellettuale che le parole “spazio” e “tempo” hanno vissuto a partire dall’era galileiana per giungere sino al secolo che si sta consumando: un’avventura che non si esaurisce nella storia della filosofia ma che si organizza nella struttura stessa della nuova scienza.
Recensioni
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scheda di Magni, A., L'Indice 1994, n. 7
Due rivoluzioni scientifiche fondamentali dell'epoca moderna - la meccanica quantistica e la teoria della relatività, ristretta e generale - sono con noi da quasi un secolo: l'impatto che hanno avuto su categorie fondamentali come spazio, tempo e materia, è stato enorme. Tuttavia il nostro comune modo di pensare e di rapportarci alla realtà non è stato toccato. Una delle difficoltà fondamentali di tali teorie sta, indubbiamente, nella loro estrema complicazione formale. L'autore di questo piacevole saggio mostra una seconda e forse più radicale difficoltà: termini come spazio e tempo sono usati impropriamente già nel linguaggio corrente, il loro significato ci sfugge nel momento in cui pensiamo di definirli. Una buona metafora può essere la descrizione di un paio di occhiali: li si può vedere come protesi che ci permettono di correggere una deficienza dei nostri occhi, come sensori spaziali. Ma un orologio, oggetto che usiamo quotidianamente, a quali sensori si collega? Fa da ponte tra noi e il senso del tempo, ma in che modo? Potremmo dedurre da questo esempio che le maggiori difficoltà stiano soprattutto nella descrizione di ciò che intendiamo per "tempo", ma sbaglieremmo: l'idea di spazio, radicata in noi ancor più di quella di tempo, viene accettata quasi sempre acriticarnente. Capita così, osserva Riemann nel 1854, che si costruisca l'intero edificio della geometria euclidea su di un'assunzione intuitiva. L'idea di metrica è un fatto empirico, si tratta di un'ipotesi e non di una certezza, e infatti la relatività generale mostra come metriche diverse siano del tutto possibili, sotto ipotesi differenti. Poche cose sono fonte di errore come l'uso di ipotesi accettate intuitivamente e mai verificate: questo saggio ci invita a riflettere attentamente sugli "oggetti primi" che sempre diamo per scontati.
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