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                            Anno edizione: 2017
                        
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Era il 4 giugno 1993 quando al Forum di Assago Milanofiori assistetti alla performance live dei Depeche Mode, tappa italiana del Devotional Tour. Ľindubbia capacità di coinvolgimento del folto pubblico da parte della band britannica rappresentò per me, avvezzo ad un sound più ritmato, veloce, potente ed aggressivo, una sorpresa piacevole, quantunque non inaspettata. Oggi, a pochi giorni dalla prematura scomparsa di Andrew ‘Fletch’ Fletcher, uno dei tastieristi del gruppo, mi piace ricordare quella serata, come pure questo «Speak & Spell» (1981) album che ne segnò ľesordio e che, pur non esente da difetti ed ingenuità, costituì un significativo momento di affrancamento da parte di un intero movimento dalle sonorità del decennio precedente. I Depeche seppero infatti farsi interpreti di quelle istanze, imposte dal montante clima di edonismo e positività degli entranti anni Ottanta, le quali premevano per un netto sganciamento dalle tendenze che avevano polarizzato il decennio precedente: il ribellismo corrosivo e contestatario del punk politico da un lato e le contaminazioni soul, R&B, funk, afro e latine della disco music dalľaltra. Gruppi come Duran Duran, Human League, Alphaville e OMD portarono a termine le intuizioni più innovative ed originali di Roxy Music, Ultravox e Kraftwerk, dando vita in tal modo all’autentica novità degli ‘80: quel synth-pop ‒ ossia una sintesi di new wave e pop dall’approccio easy-listening e dancefloor oriented, eseguita interamente (melodia, ritmo ed arrangiamento) con il sintetizzatore ‒ che condusse a compimento il riflusso dei punk dagli squat ai night club. Alfieri di questo genere furono appunto i DM che con «Speak & Spell» realizzarono uno dei primi manifesti della nuova tendenza. Le hit dell’album sono: «Dreaming of Me», «New Life» e, naturalmente, «I Just Can’t Get Enough», brani dai ritornelli orecchiabili e futuristi, frutto della penna di Vince Clark, mentre «Tora! Tora! Tora!» e «Big Muff» furono composte da Martin Lee Gore.
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