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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2014
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Vincitore premio Bagutta 1995
La metamorfosi che trasforma a ogni decollo il metallo in aeroplano e le manovre di volo in manovre nella vita.
Il protagonista di questo romanzo voleva essere un aeroplano, non pilota, ma un giorno si ritrova davvero ai comandi come nel peggiore dei sogni. Accede all'esperienza fisica e corporea della caduta e dell'errore, del perdersi e del non arrivare mai, della responsabilità verso gli altri e se stessi. L'elemento naturale dove si svolgono imprese leggendarie o ridicole è l'aria, cioè caos contenente ordine contenente caos, cieli di guerra, cieli di pace violata, cieli di manovre di volo e manovre nella vita; ma il riferimento costante è sempre la terra, a cui tornare. Romanzo dalla forma nuova, affida la narrazione ai molteplici punti di vista simultanei, alle diverse voci di giovani piloti apprendisti e anziani maestri, volatori scomparsi e fantasmi condannati a raccontare i loro ultimi istanti, ai check list recitati come liturgia, alla tensione del linguaggio letterario che si fonde alla tensione del linguaggio tecnico in uno straordinario tono epico ed evocativo. Staccando l'ombra da terra ha dato origine a versioni teatrali e musicali. Il capitolo sulla tragedia di Ustica, Unreported inbound Palermo, allestito dall'Opera di Norimberga è alla base dello spettacolo I-TIGI. Racconto per Ustica scritto da Del Giudice con Marco Paolini.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
libro bello e prezioso. è un crescendo, d'altronde è un libro sul volo!
Certo, il motto del mitico Otto Grunf dello scalcinato gruppo spionistico TNT, non ricalca il tono serioso e composto adottato da Del Giudice nel suo racconto aeronautico, però per me che, come le montagne amo gli aerei dal basso, l'associazione, pertinente o meno, mi è venuta così. C'è qualcosa di affascinante e importante nella sua scrittura (che un po' mi ha ricordato il melanconico Guido Morselli), e nelle profonde sensazioni che la passione viscerale per il volo gli suscita, però indugia troppo sui tecnicismi da manuale delle manovre dei vari aeromobili per entusiasmarmi, e non vado matta nemmeno per la narrazione in seconda persona, per cui ci riproverò con I racconti. Quindi, in conclusione, chi non vola (con Del Giudice) è un vile?... 😁
"I piloti non hanno ali piumate, non sono angeli e tanto meno eroi, sono bambini adulti, bambini nascosti, ben custoditi nella loro maturità, ben conservati dentro una delle imperturbabili professionalità che la vita ha loro assegnato, ma legati all'infanzia con un elastico da fionda che gli sbuca dalla tasca". Mai deposte o lasciate di lato le prime spinte sognanti, i desideri forti di un ragazzo che sente in sé la ragione del volo come respiro e moto del suo proprio sangue. Al punto da dirci, narrandoci questa storia, d'essersi trasformato nel tempo "da aeroplano a pilota, da una visione orizzontale a una verticale". Si entra così in questo libro, forse non un romanzo, forse nemmeno un saggio, ma come un diario di bordo che vaga nell'inquieto di tratte interiori, nel brumoso reame delle scelte, dei ricordi, per planare infine "nei luoghi del celeste errore, dove ogni errore è una cicatrice, ma non evita la ricaduta". Dalla vaghezza di cose intraviste, di lontani respiri coltivati, si arriva al concreto in cui vibra la vera complessità, le ali non più caste e liete di un'infanzia a quote semplici, ma le divoranti altezze del pericolo, della responsabilità. Dal soffice candore che nutre l'innocenza agli approdi della tecnica stretta, dal sapere comune alla conoscenza specifica, dal giochino al dovere, in un passaggio di testimone dove qualcosa scivola sempre, si perde, e noi con esso, forse peggiori di prima. Nuvole solo pensate diventano dunque nel tempo compagne e vicine di vetro mentre si guida, a un attimo di presa, lassù dove non è possibile sbagliare o dimenticare o "fermarsi in cielo e fare quel che avresti dovuto fare prima a terra". Perché "il rovescio ha un suo rovescio che non è sempre il diritto". Ma di quei lontani passi ingenui resta sempre un granello, sia pure in qualche pezzo di divisa, potendo - perchè no - vedersi "con gli occhiali sul naso, come un gatto in una favola". Salire e scendere, vecchio adagio senza uscita. Scrittura e realtà, idem.
Recensioni
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