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Saggio manifestamente orientato a sostenere che “ l’aborto era una questione di donne” sino a quando con il Cristianesimo La dottrina dei dodici apostoli, anno 100, avrebbe dichiarato che l’aborto è peccato perché uccide una creatura di Dio. In realtà l’umanità ha sempre recepito il procurato aborto come atto nocivo per la salute della madre e criminoso per la morte del nascituro: Ippocrate 460-377 a.C. rifiuta di praticarlo con qualsiasi mezzo. Già in epoca pagana la legislazione romana prevede un curator ventris a tutela del nascituro. Aulo Gellio circa 125-180 d., pagano, scrive: “è degno del pubblico disprezzo e del generale orrore uccidere l’uomo nei primordi della vita, mentre si forma, mentre si anima, tra le mani della natura artefice”.(Noctes Atticae XII 1, 8-9) Il giureconsulto pagano Giulio Paolo 3° secolo: afferma: il nascituro si considera come già nato, tutte le volte che si tratti del suo interesse nasciturus pro iam nato habetur quotiens de eius commodo agitur.La citazione da Ulpiano D. 25.4.1.pr.-1 (Ulp. 24 ad ed.) mulieris portio vel viscerum decontestualizzata non è correttamente interpretata: Ulpiano parla espressamente della nomina di un curator ventris, e distingue tra ciò che appartiene alla donna (mulieris portio) ed il contenuto interno del suo corpo (vel viscerum), contrapponendosi i due genitivi mulieris e viscerum, con riferimento alla dipendenza del nascituro nei confronti dell’ambiente protettivo e di crescita offertogli dalla madre. La tesi di questo saggio appare quindi forzata, non obiettiva.
Fino al 1978 in Italia vigeva una legislazione sull’aborto regolata dalle norme del codice Rocco, una triste eredità del fascismo, che prevedeva, a salvaguardia dell’integrità della stirpe, pesanti sanzioni penali per il medico e per la stessa donna che si sottoponesse alla interruzione della gravidanza. Nessuna eccezione era prevista e questa normativa restrittiva accomunava l’Italia ai paesi più arretrati culturalmente del 3o mondo. Dopo un parere parzialmente permissivo della Corte costituzionale emanato nel 1975, grazie alle vigorose provocatorie campagne portate avanti dai radicali, che organizzarono anche una struttura, il Cisa (Centro italiano sterilizzazione aborto), in cui le donne stesse intervenivano attivamente applicando il semplice metodo Karman, il Parlamento partorì faticosamente una legge, la 194 del 22 maggio 78, che regolava in maniera più moderna la spinosa e dibattuta materia. La legge ha radicalmente cambiato la normativa che regola in Italia l’interruzione della gravidanza (I.V.G), permettendo l’esecuzione della stessa nei primi novanta giorni di gestazione in una casistica molto ampia di casi, che vanno dalle indicazioni mediche a quelle sociali e psicologiche. È una tra le leggi più liberali al mondo, che si basa esclusivamente sulla volontà della donna, con ben poche restrizioni, anche se è inficiata dalla nascita da un grave peccato originale: l’ipocrita compromesso tra forze di sinistra e cattolici, frutto dell’ambiguo clima politico dell’epoca. Nel 1981 due referendum abrogativi, uno sollecitato dall’area cattolica, la quale mirava a sradicare la legge abolendo completamente i risultati conquistati ed uno portato avanti dall’area radicale, che desiderava realizzare una piena depenalizzazione dell’aborto, furono portati all’attenzione del corpo elettorale che, con diverse percentuali li respinse entrambi. La legge ha avuto sempre una parziale e difficoltosa applicazione soprattutto nel sud del paese, per gli ostruzionismi che larghe fette del potere hanno costantemente esercitato.
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