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Anno edizione: 2005
Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2016
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Una ricostruzione storica della nostra sanità e medicina, narrata come fosse un racconto, sempre con una rigorosità scientifica e bibliografica degne di una pubblicazione su una rivista medica internazionale. Si parte dalla peste ‘nera’ del 1300, vissuta allora con le stesse paure, incertezze e accorgimenti (“cito, longe fugeas et tarde redeas”) che in parte ritroviamo ai giorni nostri in tempo di COVID 19. Con il passare del tempo l’ attività dei medici o sedicenti tali (in realtà cerusici, barbieri, alchimisti, maghi, ‘norcini’ e ‘ciurmatori’) si dota di contenuti speculativi sempre più scientifici (le prime dissezioni anatomiche verso la fine del ‘300) e la sanità tende ad assumere carattere ‘sociale’ : vedi il passaggio dal lebbrosario ( con la diffusione della lebbra nell’alto medioevo ) al lazzaretto ( con l’imperversare della peste nel basso medioevo-) che nasce a Venezia nel 1400 e i dottori ‘marginali’, per l’assistenza ai poveri) e di secolo in secolo si arriva alle soglie del nuovo millennio (questa edizione è del 2005) dove l’autore, in epoca non sospetta, sottolinea il pericolo di nuove ‘pestilenze’ ( vengono citati proprio i Coronavirus responsabili della SARS del 2002-2003) legate alla globalizzazione della nostra società e agli spostamenti frenetici (per commercio, turismo) che la caratterizzano. Profetico e attualissimo !
Recensioni
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Giorgio Cosmacini è il maggiore storico della medicina italiana. Insegna all'università Vita-Salute del San Raffaele di Milano ed è stato medico-radiologo per anni. Può essere considerato un classico esempio di medico-umanista, un connubio al quale ha ispirato tutta la sua vita e la sua opera di studioso, che annovera oramai svariati contributi, il più importante dei quali è questo libro uscito nel 1987 e che ora l'editore Laterza ripropone in una nuova edizione che, rispetto alla precedente, del 1994, è stata integrata, modificata e aggiornata fino all'attualità.
Pur essendo caratterizzata da una progressiva riduzione dell'incidenza delle malattie infettive a scapito di quelle cardiovascolari e tumorali, la nostra epoca ha segnato, come conseguenza della globalizzazione dell'economia e del lavoro che ha reso possibile una sorta di unificazione microbica del mondo, il diffondersi di nuove forme di malattie infettive, come la sindrome respiratoria acuta severa (sars), causata da un coronavirus e diffusasi dal Sud-Est asiatico e ancora più recentemente l'influenza aviaria, portata da uccelli migratori e trasvolata da est a ovest e che, se dovesse diffondersi agli umani, potrebbe causare trecentossanta milioni di morti a livello planetario.
Una tendenza sempre più marcata allo studio dell'infinitamente piccolo ha reso possibile identificare nuovi agenti patogeni, come i prioni, più piccoli dei virus, e che sono responsabili dell'encefalopatia spongiforme bovina, la cosiddetta "malattia della mucca pazza", una variante della malattia di Creutzfeldt e Jakob, i due neurologi che negli anni venti del secolo scorso avevano descritto una forma di demenza progressiva senile. Alla miniaturizzazione della patologia ha fatto riscontro quella della ricerca, dove si parla correntemente di nanotecnologie e delle loro applicazioni, soprattutto in ambito terapeutico, con la messa a punto di molecole che possano selettivamente attaccare le cellule neoplastiche, senza colpire quelle sane. Si fa uso correntemente di tecniche di microchirurgia e di chirurgia mininvasiva e robotica.
A questi straordinari successi della medicina "tecnologia" non fa sempre riscontro, purtroppo, un soddisfacente rapporto tra medico e paziente. E qui veniamo a un'annosa questione che è sempre stata cara a Cosmacini. Il medico è sempre più un burocrate e un tecnocrate e ha ormai perso di vita il malato inteso come persona e non solo come oggetto da riparare, e questo costituisce la causa principale della crisi attuale della medicina. La medicina e il medico che la pratica dovrebbero essere sempre coscienti di operare all'interno della società civile, cercando di svolgere un ruolo fondamentale, cioè proporsi come garanti di un benessere globale della persona che tenga conto di tutte le variabili che possono interferire con il suo equilibrio. La malattia non può essere intesa come un concetto ideale, frutto di un processo di codificazione derivato da numerose osservazioni cliniche, al contrario, in ogni paziente la realtà fenomenologica della stessa malattia è unica. Questa unicità è il riflesso del vissuto di ciascuno di noi, che finisce per condizionare fortemente anche la risposta individuale ai presidi terapeutici. Come non dimenticare il film di Ingmar Bergman Il posto delle fragole , nel quale il protagonista, un medico, fa dei sogni inquietanti in uno dei quali si ritrova a dover superare un esame di medicina. Al termine della prova, ammette di avere dimenticato quale sia il primo dovere del medico. Glielo ricorda l'esaminatore: "Il primo dovere del medico è chiedere perdono".
Un'alternativa da parte di coloro tra i medici che non si riconoscono più nella medicina occidentale così come oggi si configura è di dedicarsi alla medicina di frontiera. Infatti, un numero sempre maggiore di giovani medici chiede di partire per i paesi in via di sviluppo, partecipando a progetti umanitari di tipo istituzionale o promossi da organizzazioni non governative. Cosmacini cita nel suo libro il caso di Emergency, l'associazione che da tempo, al pari di Medici senza frontiere, persegue la difesa sanitaria e la cultura della pace intervenendo in quelle parti del mondo che sono maggiormente travagliate da epidemie, conflitti tribali e guerre.
Domenico Ribatti
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