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In questo libro, c'è già un errore di partenza: quello di considerare, in generale, il revisionismo come una cosa da "neofascisti". In realtà, la storia, da sempre, non può che essere la materia revisionista per eccellenza. Non avrebbe alcun senso proseguire nelle ricerche storiche, se non fosse possibile scoprire dei particolari che i predecessori avevano trascurato. Ed è un peccato notare, nell'elenco di storici che hanno scritto questo libro, quello di Mimmo Franzinelli, che un po' di revisionismo, nella sua carriera storica, l'ha fatto (leggete Il prigioniero di Salò). L'unico proposto per il quale nasce questo libro sembra essere quello di criticare la storiografia revisionista, anche quando proviene da esponenti accademici, e non semplici giornalisti o divulgatori (come, invece, era Angelo del Boca). Tra l'altro, molte tesi revisioniste sono così solide che, allo stato attuale delle ricerche, non possono essere smentite, se non cadendo nella strada delle interpretazioni, delle ipotesi o, come accade spesso in questo libro, dell'autocitazionismo. Un libro, certamente molto denso di informazioni e di documentazioni (sconsigliato a chi non è particolarmente interessato), ma, per molti punti di vista, sterile ed eccessivo. Possiamo tornare a leggere i libri di De Felice in tranquillità: le sue tesi sono ancora validissime.
Lasciate perdere tutti i voti bassi in queste recensioni, il volume è scritto bene ed è interessante perché tratta tutti i temi cari alla destra revisionista e li smonta portando fonti e ricerche d'archivio. Non ci si può lamentare perché un libro sia pesante o complicato, si parla comunque di ricerca storiografica, che i vari Montanelli e Pansa non hanno mai fatto in quanto giornalisti e non storici, datevi ai fumetti se non sapete capire testi di storia. De Luna, Rochat, Del Boca sono ottimi divulgatori, non lasciatevi abbindolare, il revisionismo neofascista è un problema reale, e i commenti in questa pagina ne sono la prova
Pesante come un macigno, greve come un tronco e pure di parte (giusta o sbagliata che sia). Ho paura che il mio concetto di storia (giusto o sbagliato) sia sommessamente da tutt'altra parte.
Recensioni
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Con il termine "revisionismo" la rubrica "Babele" ha dato inizio ai suoi tragitti semantici (cfr. "L'Indice", 1998, n. 8). Ed è risultato evidente che il termine, rubato non molto prima da una pubblicistica paranegazionista, si avvaleva di una vicenda lunga che solo per una ultraminoritaria parte teoricamente infondata aveva a che fare con una recente pseudostoriografia. La quale, per quel che riguarda alcuni non numerosi prodotti, sembra ora, con il sostegno spettacolaristico dei media, avere da una trentina d'anni inghiottito in toto il revisionismo. E con questo ha a che fare il libro curato da Del Boca, un libro indubbiamente molto bello, anche per il solidissimo peso dei suoi autori, ma sedotto dalle tentazioni del maligno e strutturato in modo da dare eccessiva importanza al pateticamente claudicante revisionismo storiografico, che sempre è pochissimo "revisionista" e per nulla, o quasi, storiografico. Energica comunque è l'introduzione di Del Boca, con l'analisi della diffusa soggezione dinanzi al certo fondamentale De Felice (talora ingiuriato, talora osannato, di rado valutato, come gli altri storici, per quello che è). E poi arrivano le irriconciliate memorie dell'unificazione (Isnenghi), il colonialismo (Labanca), il regime ventennale (Tranfaglia), la guerra fascista (Rochat), il Vaticano (Ceci), Mussolini (Franzinelli), la Shoah (Collotti), il Pci (Agosti), la Resistenza e la Costituzione (De Luna e d'Orsi). Tutti sapidi saggi, ma (credo inconsapevolmente) non alieni, a loro volta, da una polemica soggezione nei confronti del cosiddetto revisionismo storiografico, che andrebbe abbandonato al suo antistoriografico destino. Proprio non felice è poi il termine "rovescismo", adottato da Angelo d'Orsi. La superfetazione del "revisionismo" semanticamente basta e avanza.
Bruno Bongiovanni
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