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2000
1 gennaio 2000
152 p.
9788846702296

Voce della critica


recensioni di Tomasi, D. L'Indice del 2000, n. 07

Che piaccia o no lo studio dei rapporti tra cinema e letteratura continua a manifestare una notevole vivacità e, evidentemente, a suscitare un certo interesse. Non passa infatti anno senza che si organizzi, sull'argomento, almeno un importante convegno o sia pubblicata una significativa raccolta di saggi. Questo volta tocca al Centro cinema "Paolo e Vittorio Taviani" che inaugura, con questo volume, una collana, diretta da Lorenzo Cuccu, dedicata "ad opere e figure del grande cinema". Storie dislocate non vuole però confondersi con le numerose altre opere dedicate al rapporto fra cinema e letteratura, bensì cerca di individuare un particolare campo d'indagine, che lo stesso titolo della raccolta indica brillantemente. Si è voluto infatti - come sottolinea Sandro Bernardi nella sua introduzione - porre in particolare l'accento su quei casi di adattamento di "storie che, passando dalla letteratura al cinema, subiscono trasformazioni radicali nella messa in scena, giungono da un'epoca all'altra, da una parte del mondo all'altra (...). In questi spostamenti le storie e i personaggi si trovano ad essere fuori di casa, ospiti di un'altra famiglia, disadattati, spaesati e la difficoltà di ambientarsi è la lente attraverso cui si possono studiare i contesti culturali che hanno attraversato per giungere fino a noi".
Tocca a Francesco Casetti farsi carico di definire alcuni possibili nodi teorici intorno ai quali provare a ragionare sulla nozione di dislocazione. Innanzi tutto Casetti parla di "disadattamento" intendendo con questo termine quei casi di adattamento che, piuttosto che far rinascere l'opera di partenza, ne creano una nuova, vuoi perché troppo fedeli all'originale, vuoi perché troppo audaci nei suoi confronti. Un secondo aspetto preso in esame è quello relativo a un diverso punto di vista da utilizzare nello studio dell'adattamento: non si tratta più, o soltanto, di occuparsi della riscrittura di un testo ma anche, e soprattutto, della sua ricontestualizzazione, della diversa situazione comunicativa in cui si collocano l'opera adattata e quella che adatta. Così "la seconda vita del testo coincide con una seconda vita della sua fruizione". Una fruizione in cui un ruolo essenziale è assunto dal "tipo di sguardo del medium che adotta", uno sguardo che non è solo quello proprio al medium in questione ma anche alle diverse fasi storiche da esso attraversate: "questo vuol dire che, ad esempio, adattare un racconto nel cinema delle origini significa operare un trasferimento con modalità ben diverse rispetto a quelle che saranno in uso nel cinema classico".
A queste premesse di ordine teorico seguono una serie di case-studies. Lorenzo Cuccu prende in esame La valle del peccato di Manoel de Oliveira, singolare trasposizione di Madame Bovary in cui il romanzo di Flaubert non solo viene dislocato spazialmente e temporalmente, ma, soprattutto, "non è tanto, rispetto al film, il testo di partenza, ma l'oggetto del discorso del film stesso". Guido Fink si (e ci) diverte nel prendere in esame alcuni casi di dislocazione cinematografica del famoso quarto monologo dell'Amleto (citando a proposito anche il divertente romanzo di Angela Carter, Figlie sagge, in cui Nora e Dora, vestite da fattorini delle poste, si domandano, cantando e sgambettando, se il pacco che hanno fra le mani vada o no consegnato al numero 2B di quella strada, TwoB or not TwoB). Antonio Costa, in un saggio documentatissimo, affronta la questione dei rapporti non solo letterari ma anche iconografici tra Le avventure straordinarie di Saturnino Farandola (Marcel Fabre, Ambrosio 1914) e il celebre romanzo di Albert Robida, Voyages très extraordinaires de Saturnin Farandoul, che a sua volta si rifà esplicitamente all'universo immaginario di Jules Verne. In questo stesso saggio, Costa dimostra, date alla mano, come a volte sia la letteratura a saccheggiare il cinema e non viceversa: Marinetti, infatti, ha pescato a piene mani dai primi comici della storia del cinema. Lucilla Albano si occupa di messa in abisso, autocitazione e riflessività a partire da alcune immagini di film di Stroheim, Renoir e Bertolucci. Gli altri saggi di Storie dislocate prendono in esame Pirandello e Kaos dei fratelli Taviani (Gavriel Moses), ancora lo scrittore siciliano e la trasposizione hollywoodiana di Come tu mi vuoi (Marco Pistoia), Sherlock Holmes (Alessandra Calanchi) e Max Ophuls (Chiara Tognolotti).

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