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Anno edizione: 2021
Anno edizione:
Finalista al Premio Campiello 2022
Libro incluso tra i dodici candidati al Premio Strega 2022
Tutte le forme d'amore.
«Una volta c'erano in Italia giornalisti che erano anche scrittori, avevano qualcosa da dire e sapevano dirlo. Oggi ne sono rimasti ben pochi: fra loro c'è Daniela Ranieri» – Alessandro Barbero
«Dolce nel disincanto, feroce nella tenerezza. I suoi personaggi sono tragici, epici, comici e fragili come tutti noi. Nessuno in Italia scrive come Daniela Ranieri» – Maurizio Crosetti
«Potente, labirintica, pietrosa (di quelle pietre che diciamo preziose) è la scrittura di Daniela Ranieri: un impasto tra l'ingegneria di Gadda, il barocco di Bufalino, il bisturi di Kafka, il martello di Nietzsche e l'onestà silenziosa di Marco Aurelio» – Vito Mancuso
Una donna in dialogo perpetuo con sé stessa e con il mondo disegna una mappa delle sue ossessioni, del suo rapporto con l'amore e con il corpo, serbatoio di ipocondrie e nevrosi: il nuovo romanzo di Daniela Ranieri è un diario lucido e iperrealistico, in cui ogni dettaglio, ogni sussulto di vita interiore è trattato allo stesso tempo come dato scientifico e ferita dell'anima. Dalla pandemia di Covid-19 alla vita quotidiana di Roma, tutto viene fatto oggetto di narrazione ironica e burrascosa, ma in special modo le relazioni d'amore: le tante sfaccettature di Eros – l'incontro, il flirt, il piacere, le convivenze sbagliate, la violenza, l'idealizzazione, la dipendenza, l'amore puro – vengono sviscerate nello stile impareggiabile dell'autrice, un misto di strazio, risentimento, ironia impastati con la grande letteratura europea (e non solo). E forse è proprio la lingua di Daniela Ranieri il vero protagonista di questo Stradario aggiornato di tutti i miei baci, una lingua ricchissima di echi gaddiani, di irritazioni à la Thomas Bernhard, di citazioni, e allo stesso tempo inquietantemente diretta e inaudita, una lingua la cui capacità di nominare e avvicinare le cose è pari soltanto alla sua potenza nel distruggerle. Lo Stradario di Daniela Ranieri non è solo un romanzo: ha la sostanza di un corpo vivente che abita nel mondo, di una voce che avvince e persuade con la forza della grande letteratura.
Proposto da Loredana Lipperini al Premio Strega 2022 con la seguente motivazione:
«Un libro come Stradario aggiornato di tutti i miei baci di Daniela Ranieri (Ponte alle Grazie) è uno dei testi più importanti letti negli ultimi tempi. Esito a definirlo romanzo perché è un libro che prescinde dalla forma, senza definizione possibile se non quella che hanno avuto i concupiscenti illusionismi di Manganelli (anche se il modello dichiarato di Ranieri è Gadda). È un libro coltissimo ma insieme innervato di passioni, amore morte preghiera. È un inganno (non è un memoir) ed è sincero come può esserlo la letteratura. È un labirinto di carne e parole (e profumi) dove ci si smarrisce, ci si ferma, si torna a leggere. La sua levatura letteraria lo rende più che degno di concorrere per l'assegnazione del Premio Strega.»
Non fatevi dissuadere dalle oltre 600 pagine di “Stradario aggiornato di tutti i miei baci”,, un libro intenso e anticonvenzionale. Non fatevi dissuadere dal titolo che ha qualcosa di nonsense e neppure dalla narrazione che non è biografia né romanzo nel senso stretto della parola. Fatevi invece suggestionare già dall’immagine di copertina di Milan Balog per poi entrare in un romanzo che è un capolavoro di riflessioni, di citazioni colte da Kafka a Ovidio, a Joyce, a Yourcener, Seneca, Nietzsche, che utilizza parole “alte” usate con semplicità disarmante, di racconti di miti e di storia, di profumi che con le loro suggestioni inanellano percezioni precise che superano l’onirico. Un libro che a dispetto della mole, si fa leggere con piacere, risucchia all’interno di narrazioni che procedono seguendo il flusso di coscienza dell’autrice e partono dai baci, quelli del titolo, suggello di storie d’amore che spesso diventano altro e con intelligenza, ironia, sagacità, Ranieri disanima il sentimento riuscendo al contempo a innestare profonde riflessioni sulla vita e la sua essenza senza dimenticare una giusta dose di ironia. E ci sono gli uomini, tanti, quelli che sono tappe dello “stradario” della vita e che dal primo incontro è facile classificare nelle diverse categorie: il vanesio, l’egoista, il mammone, quello troppo legato ai soldi, c’è Michele, “l’amico frocio” e c’è A. che è la sua catarsi e una Sicilia intensa di profumi e colori. Su tutti, lei, la protagonista, perennemente in crisi, perennemente a combattere contro un’ansia infinita che toglie il respiro, ma che riesce a guardare oltre il guardabile e a intuire ciò che agli altri non appare. Un libro che diventa necessario leggere per esplorare nuovi percorsi narrativi oltre le frasi fatte, oltre i soliti cliché.
Personalmente non sono riuscita a finirlo. La posa letteraria dell'adorabile antipatica che ti strappa un sorriso, magari amaro, non è decisamente riuscita. Reggono solo poche pagine, quelle più narrative. Per il resto è un lungo delirio dove le parole travolgono la carnalità dei sentimenti e alla fine impediscono ogni meccanismo di immedesimazione, allontanando il lettore (almeno, è ciò he è successo a me), dalla pagina. Non mi spiego le candidature ai premi, forse c'è qualcosa che non ho colto, Resta il fatto che non mi è piaciuto e non sono riuscita a portare a termine la lettura.
Questo stradario è una pulsante, onnivora, accresciuta per autogenesi e autorinnovamento, struttura organica che si riproduce su e in se stessa. Infarcita di citazioni continuative, che rendono alquanto esangue l'originaria intuizione viscerale. Questa storia-non storia, questa non auto-fiction che strizza l'occhio all'auto-fiction sembra essere il sillabario di scarnificazione di un disagio esistenziale e umano, si concretizza in un compiaciuto arrovellarsi intorno alla propria cerebrale ed esasperata natura da anatomo-patologa. Il ritmo regge per un certo numero di pagine, per un iniziale percorso che tuttavia mostra la corda nel prosieguo, che vorrebbe essere denso e pregnante, ma non raggiunge a pieno lo scopo. La scommessa sulla durata persistente della narrazione è destinata a non avere la meglio e la densità rischia di sconfinare nello smarrimento della pregnanza, nella dissoluzione di un progetto, nell'affievolirsi autocompiaciuto di un piano scrittorio che si intuisce è stato tracciato in origine.
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