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Sono rimasto più che deluso dalla lettura di questo romanzo. Scritto come un giallo, ma senza arrivare alla soluzione del mistero, il tutto avvolto dall’inizio alla fine in una cortina fumogena. Chi ha ucciso il Successore designato dalla Guida nella notte del 13 dicembre? Solo ipotesi, nessuna conferma: forse la Guida stessa (Enver Hoxha) forse l’architetto che abbellì la villa, forse la moglie del Successore. Quest’aura di mistero nuoce alla trama. Scritto nel 2002/2003, ben dopo la morte del dittatore (Hoxha morì nel 1985) ci si domanda perché Kadaré insista nel non rivelarne in nomi e non discutere apertamente di fatti accaduti in Albania nel 1981 (sembra si riferisse al suicidio di Mehmet Shehu, Primo Ministro, possibile successore di Hoxha). Quantomeno avrebbe potuto aggiungere alcune pagine in un Post Scriptum, dove delineare i fatti storici e la vita buia in Albania ai tempi del dittatore. Di che aveva paura, di essere ucciso nel 2002 dalla longa manus del nuovo governo politico? Via, non siamo ai tempi di Stalin, che nel 1940 riuscì a far massacrare il povero Trotsky a Città del Messico a colpi di piccozza che gli sfondarono il cranio. Va bene esecrare tutte le dittature e i regimi oppressivi, ma non va dimenticato che forse il regno di Hoxha fu molto meno atroce del vero regno del terrore di Stalin, che mandò a morte nei Gulag milioni di poveri russi sempre col pretesto della devianza dalla fede comunista. Secondo le statistiche, sotto Hoxha forse non più di 5000 albanesi finirono nell’abbraccio mortale del regime, ripeto evento da condannare ma ben lungi dai massacri staliniani. La sua paura di rivelare fatti storici si spinge perfino a non fare i nomi dei personaggi coinvolti nel Castello di Vaux-le-Vicomte, la cui magnificenza sconvolse Louis XIV e lo indusse a imprigionare il povero Nicolas Fouquet, suo ministro delle finanze e padrone della dimora. In fondo, questo romanzo è una ripetizione dei due precedenti, La Figlia di Agamennone e L’Aquila.
Recensioni
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Ismail Kadaré, oggi il più noto autore albanese e fra i più conosciuti scrittori europei contemporanei, all'epoca del regime di Enver Hoxha non fu né amato né inviso alle alte gerarchie del potere. Come talvolta accadeva nei paesi sotto l'influenza sovietica, alcuni artisti e intellettuali, grazie anche alle loro capacità di intelligente dissimulazione, riuscivano a mantenere un limitato margine di libertà creativa, senza incorrere nelle ristrette maglie della censura. Grazie a questo Kadaré conobbe da vicino rappresentanti politici e diplomatici, riuscendo a scorgere da un punto di vista privilegiato le dinamiche di un potere dispotico e crudele, ma a tratti anche surreale e straniante.
Nei suoi romanzi spesso compaiono eventi e personalità del passato recente dell'Albania, talvolta anche di quello più lontano, rivisitati in chiave narrativa. Personaggio ricorrente è la Guida, a volte definito l'Altro, in realtà Enver Hoxha, tratteggiato da lontano come invisibile tessitore di destini e dispensatore di un dominio assoluto e oscuro. Il successore, che dà il titolo al romanzo, è invece il predestinato a sostituirlo, che viene trovato morto, nella sua villa e con una pallottola nel petto, nella notte fra il 13 e il 14 dicembre di un anno imprecisato. Suicidio oppure omicidio dissimulato? La narrazione si dipana attorno a queste ipotesi e alla loro possibile soluzione. Medici legali e ministri, l'architetto che gli ha progettato la casa e lo stesso autore, voci che si affidano alle più antiche superstizioni e parenti del successore, fra cui emerge la figlia Suzana, tentano di avvicinarsi al cuore del mistero, riuscendo solo a sfiorarne la superficie.
La morte misteriosa avviene pochi giorni dopo la rottura, altrettanto indecifrabile, del fidanzamento ufficiale di Suzana con il figlio di Besim Dakli, un noto sismologo di antiche origini nobili. Forse una pecca nel passato della famiglia, scoperta all'ultimo momento, porta alla recessione del consenso, fatto latore di disgrazie e maledizioni secondo il più inveterato sentore popolare.
Le indagini si concentrano sulla struttura della casa del successore, sul passaggio segreto a conoscenza di pochi, sulla sua architettura trasparente e insieme stratificata, metafora di un potere indecifrabile non solo all'esterno, ma anche dai suoi stessi componenti. Un clima di sospetti e irritanti depistaggi conduce i personaggi coinvolti a compiere azioni insensate e a tessere pensieri surreali e visionari.
Il romanzo si ispira a un fatto realmente accaduto nei primi anni ottanta, un mistero mai del tutto sciolto che ha accompagnato gli ultimi anni di vita di Hoxha, morto nel 1985. Il 17 dicembre 1981 il primo ministro Mehmet Shehu si suicidò in seguito a gravi contrasti con le più alte cariche dello stato. In molti non credettero mai alla versione ufficiale e pensarono invece all'omicidio di un personaggio diventato ormai scomodo. Ancora oggi, gli storici e gli studiosi dell'Albania contemporanea non concordano circa il numero di vittime della repressione da parte di Hoxha, esercitata fra il 1945 e l'anno della sua morte. Verosimilmente non furono meno di cinquemila, e Shehu ne rappresenterebbe solo il caso più celebre. Donatella Sasso
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