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“Voglio dire, se devi restare qui, tanto vale lottare per il miracolo”.
Leggo, e t’immagino, Hank, nella tua esistenza “pasticciata”.
Ciò che hai raccontato tra le righe di “Sull’Amore” (Guanda editore) trasuda di vita, una di quelle rare, vissute succhiandole fino al midollo nei giorni che passavano, e potevano anche vestirsi d’inconcludenza, che per te restava, pur sempre, vita.
Hai amato molte donne, e l’apparente descrizione disprezzante di alcune era in realtà il tuo modo di amare unico, perché apprezzavi le particolarità di ognuna, scivolandoci sopra, persino quelle più cupe e bistrattate dalla maggior parte degli uomini.
Coglievi, sì, tu coglievi le situazioni come si presentavano, per quello che erano. Buttavi qua e là della malinconia sottile, che appartiene anch’essa alla vita di coloro che vivono in piena presenza con ciò che accade. Non ti perdevi di vista, tu.
Il tuo, un diario di vita “dedicato”, come se ogni persona incontrata avesse continuato a portarti con sé, e tu non avessi mai dimenticato nessuno.
A un certo punto, non più così giovane, sei diventato padre. T’immagino anche qui non forzare la tua indole nel fare la cosiddetta “cosa giusta” per il bene di tua figlia… Avevi accettato da tempo di essere semplicemente chi eri.
Puzzavi di vita, Bukowski: alcol; posti squallidi in cui hai abitato; lavori da poco per sopravvivere. In queste condizioni la vita, certamente, non profumava di buono. Eppure te la spassavi, era un bel vivere per te, forse perché facevi ciò che desideravi (Non so perché la gente pensi che sforzo ed energia abbiano qualcosa a che fare con la creazione –scrivevi).
Per ignorare la vita al momento giusto ci vuole una speciale saggezza.
Ecco il segreto di un buon vivere, il tuo segreto.
E poi affermavi che i libri ti avevano aiutato, e con essi le donne con il loro amore incondizionato (ma alla fine quando penso alla sua vita e la paragono ad altre vite più brillanti, originali e belle mi rendo conto che lei ha ferito meno persone di tutti quelli che conosco […] e se consideri le cose da questo punto di vista, be’, ha creato un mondo migliore. Ha vinto lei. Frances, questa poesia è per te), e tutto quel “mangiare! fare l’amore! dormire! mangiare! fare l’amore!”, e la musica classica ascoltata sul divano, e la scrittura (e io ho vissuto con questa macchina da scrivere […] questa macchina e io abbiamo vissuto insieme. Vivere costa fatica, scrivere non costa nulla. Fai come me quando scrivo: mettici un sacco di letame).
Hai svelato senza troppi giri di parole la parte più infima e grezza, e quella più alta, di cui ogni essere umano è fatto.
Ciò che mi piace di te è quel percepire dietro ogni tuo pensiero, o sensazione provata, la dolce vulnerabilità degli scrittori (forse è qualche casino radicato nel profondo della mia infanzia che mi rende vulnerabile, pensai).
Questa raccolta di poesie inedite sull’amore, credo dividerà i lettori, portandoli a pensare che queste di Bukowski non si possano ritenere poesie nel senso più stretto del termine. In effetti rimandano al racconto, sono pezzi di vita buttati in faccia agli altri, manoscritti che lo scrittore inviò alle riviste dell’epoca. Dopotutto “Nulla è dovuto”.
Henry Charles “Hank” Bukowski Jr., nato nel 1920 e morto nel 1994, è stato un poeta e scrittore statunitense, di origine tedesca, sopra le righe, anticonformista nello scrivere, il cui linguaggio crudo, forte, sporco, fuori dagli schemi ne ha risaltato l’unicità.
Recensione di Simona Cocola
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