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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2017
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Ho riletto questo libro adesso, almeno 8 anni dopo la sua prima uscita, se non sbaglio. Ho fatto bene. Dicìfficilmente mi capita di rileggere ( solo con G.G. Marquez, per esempo, e pochi altri) ma in questo caso l'eccezione è stata ampiamente motivata dai recenti fatti di cronaca. Un aiuto per capire da dove saltino fuori tutti i miliardi di miliardi di dollari che le grandi potenze spendono in armamenti, una rilettura illuminante per capire meglio l'attualità. Kasper , con tutti i suoi difetti e le sue umane e per questo ammirevoli debolezze, è un vero eroe dei giorni nostri. E peccato che nessuno, o quasi, sappia davvero valutarne la grandezza. Ce ne fossero.
Sarà che conoscevo già la storia dell'agente Kasper dal libro In Missione, ma Supernotes non mi ha entusiasmato. Certamente la narrazione è scorrevole e a tratti avvincente, però non mancano passaggi un po' confusionari o forzati
Il libro mi aveva incuriosita, ma l'ho trovato scritto in modo fin troppo semplice, ed è per questo che si legge velocemente nonostante l'ampiezza. Personalmente ho trovato la storia un po' troppo "finta": a parte il personaggio di Kasper che mi sembra troppo stereotipato, il dubbio che mi resta è: se è vero che ha fatto questa scoperta sconvolgente, come mai al momento vive tranquillamente con moglie e figlia e non è sotto scorta ed è abbastanza semplice reperire sue notizie sul web, tra cui la sua vera identità?
Recensioni
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La copertina di questo libro non lascia alcun dubbio: nel gagliardetto in tinta fluo, un teschiaccio parà a campeggiare sopra il simbolo del dollaro americano, e due ali a incorniciare il vessillo con il motto “E pluribus unum”. Nell’unione, la forza. Più o meno.
Peccato che l’agente Kasper, protagonista delle vicende narrate in questo marzialissimo memorandum, sia abituato a cavarsela da solo; un tipaccio più coriaceo del carapace di una testuggine, volitivo come un rinoceronte e fumantino come un toro davanti a un drappo rosso.
Kasper, però, non è una chimera da strapazzo: è un agente segreto, da oggi un po’ meno segreto poiché la sua ultima prodezza è messa nero su bianco con il prezioso ausilio del giornalista Luigi Carletti, stampata su carta e diffusa in tiratura da centinaia di migliaia di copie.
Rotto a ogni esperienza, il nostro ha sgominato cartelli di narcos e mandato a gambe all’aria intere filiere del crimine organizzato, nel corso di decenni di onorata carriera.
È dagli anni ottanta, infatti, che Kasper riaffiora qua e là nel bel mezzo delle operazioni più segrete cui i Servizi Segreti italiani abbiano preso parte; ma forse nemmeno lui era preparato a scoprire quello in cui si è imbattuto durante una sua indagine dall’altra parte del mondo.
Una zecca gigantesca ma invisibile, comodamente appollaiata sulla schiena dello Stato più canaglia fra tutti; una zecca che non ciuccia sangue al suo ospite, ma pompa ininterrottamente miliardi di dollari in banconote da cinquanta e cento dollari su commissione statunitense, con la complicità del governo nordcoreano, al quale vengono corrisposte copiosissime provvigioni.
Banconote fantasma, ma reali; supernotes che non appaiono nelle mappe dell’economia, indistinguibili dai dollari ufficiali; una riserva parallela e copiosissima, indispensabile per finanziare tutte le attività dei servizi segreti USA che la disastrata economia americana non potrebbe più permettersi di foraggiare.
Così, mentre gli States e Pyongyang si guardano in cagnesco e fanno la voce grossa, usando come cassa di risonanza i media di tutto il mondo, sarebbero intenti a passarsi brevi manu e sottobanco la più sporca delle mazzette.
Un simile patto col diavolo è troppo anche per Kasper.
Persino un elemento come lui, che certo non può essere tacciato di simpatie sinistrorse e che gode di ottime entrature presso i servizi segreti americani, rappresenta un pericolo troppo grande, se a conoscenza di questo segreto indicibile.
Così, complice un’accusa di evasione fiscale, montata a bella posta dai servizi cambogiani, Kasper finisce nel campo di Prey Sar, autentico gulag in salsa indocinese.
Temperature da tropico, e umidità proporzionata.
Ma se il clima è infernale, non si può dire che la compagnia sia paradisiaca.
Ogni parola va soppesata. Ogni incertezza bandita. Si eseguono gli ordini dei kapò, sperando che la solerzia nel rispondere a quei comandi perentori e sibilati fra i denti stretti possa regalare un giorno in più: la morte è presenza palpabile, e può essere evocata da un semplice battito di ciglia. Sembra che in quella plaga dimenticata dal mondo non sia passato più che un battito di ciglia, dai tempi di Pol Pot e dei khmer rossi.
Su tutto, domina un’incertezza sovrana, che deriva all’agente Kasper dalla consapevolezza di aver ficcato il naso in un affare troppo grande, e quella sensazione di essere una pedina che nessuno ha più veramente interesse a muovere. È il capolinea?
Supernotes è il resoconto del personalissimo killing field di Kasper, e un atto d’accusa nei confronti di una realtà che, se mai fosse confermata, potrebbe avere conseguenze simili a quelle che ebbe l’affare Watergate, quarant’anni fa.
Il libro, complice il lavoro di un giornalista esperto come Carletti e delle testimonianze di prima mano, vive di un registro a metà fra la fiction e il réportage, confondendo le acque ad arte, così che stabilire dove passa il confine fra narrazione e verità riesce davvero difficile.
A cura di Wuz.it
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