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Roma, 25 marzo 2008, è mattina presto, l’orario in cui la gente si sposta per andare a lavorare, così che la metropolitana è particolarmente affollata. A una stazione sale una donna e trova posto vicino a un uomo; i due si scambiano dei convenevoli, ma a un’altra stazione sale un altro uomo e subito le cose precipitano. Quello a fianco della donna riesce a spingerla giù dalla carrozza sulla banchina e lei travolge un giovane in attesa. Poi il treno riparte e viene sconquassato da un’esplosione colossale, un attentato che provoca centinaia di morti. Inizia così l’ultimo romanzo di Alessandro Pugi che, dopo il riuscito poliziesco L’origine del male, si cimenta nel fecondo, ma difficile campo della spy story. E’ inutile che mi dilunghi per spiegare di che si tratti, perché sarebbe troppo complicato e poi farei un torto al lettore togliendogli il piacere della scoperta, dirò solo che siamo in Italia e che ancora una volta troviamo i cosiddetti servizi segreti deviati, in una lotta di potere che provocherà altre morti e che sembrerà non aver fine. La creatività dell’autore riesce a imbastire una storia che non manca certo di originalità, ma questa ricerca di narrare una vicenda capace di dire qualcosa di nuovo va un po’ a scapito di un’altra caratteristica che avevo apprezzato in L’origine del male. I personaggi, numerosi, per quanto ben tratteggiati, presentano infatti un’analisi psicologica che scende poco in profondità, ma, se può essere in fondo poca cosa per quelli secondari, per i principali è una carenza che non permette al lettore di comprendere il perché di certi loro comportamenti. Certo la trama resta l’obiettivo principale e, per quanto complessa, è di quelle che riescono veramente ad avvincere, anche se avrei qualcosa da obiettare per il finale, perchè fra tanti doppi, o addirittura tripli giochi, c’è da perdersi tanto che il fil rouge che tiene unite le varie parti si ingarbuglia e non è facile districarlo.
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