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Descrizione


Tartufo ha saputo conquistare, con la sua falsità, Orgon e Madame Pernelle, sua madre. Elmire, moglie di Orgon, ne ha invece riconosciuto l'ipocrisia così come il figlio Damis che viene addirittura cacciato di casa quando rivela che Tartufo ha cercato di sedurre Elmire. Orgon vorrebbe invece dargli in moglie la figlia e gli fa donazione dei suoi beni. Infine Elmire convince il marito ad assistere, non visto, ad un suo colloquio con Tartufo in cui lei fingerà di corrispondere alla sua passione. Orgon scoprirà così la vera natura del suo protetto. Scoperto, Tartufo cerca di impadronirsi dei beni di Orgon, riconosciuto dalla giustizia, da cui era ricercato da tempo, viene arrestato.
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Dettagli

1974
1 gennaio 1997
XVIII-181 p.
9788806391317

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luciano
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Un'aspra e pungente satira contro l'ipocrisia, rivestita di religione, imperante ai tempi di Luigi XIV. Il rappresentante dei falsi devoti è Tartufo per il quale: "E' il pubblico scandalo che offende la morale, e peccare in segreto è come non peccare". La "cabala dei devoti" fece di tutto per bloccare la rappresentazione di questa commedia.

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Cristiano Cant
Recensioni: 5/5

Se il miracolo di un'opera è già in ciò che illustra ed offre nel suo testo, non riesco a contare quanti miracoli a loro volta si sommino in ciò che essa smuove e sconvolge aprendo, al di là di quel perimetro di pagine, una quantità infinita di spunti e riflessioni. L'animo umano quasi si perde a enumerare dentro di sé la flotta di simboli, valori, morali uccise e riaffermate, segreti svelati e realtà intime che si alternano via via nel corso della vicenda. Questo libro è la prova di ciò che scrivo. Un tesoro di ricchezza senza tempo. Cesare Garboli ha ragione quando in prefazione scrive: "Se esistesse un insegnamento, una cattedra del "colpo di scena" l'apparizione di Tartufo nella commedia di Molière si meriterebbe un anno di dispense". Chi sia davvero Tartufo non lo sapremo mai e lo sapremo sempre. Un baro, un burattinaio di genio, o forse la nostra stessa coscienza? Questo servo che ragiona da padrone senza poterne incarnare l'interezza, questo figuro silente che manovra con lo sguardo e istiga e persuade e seduce, tuttavia manca dell'elemento indispensabile, manca (sempre per citare Garboli): "dell'impetuosa gioia di distruggersi, del coraggio della propria malattia". Sa infilarsi nelle crune più strette delle carenze e delle fragilità altrui, le sente, le annusa, le controlla, egli è "protagonista di un mistero che non gli appartiene". Resta però sempre troppo lucido, troppo freddamente presente a se stesso per potersi alzare ai fasti della compiutezza assoluta, del riuscire, del vincere. Ma questo non importa, perché a quel punto subentra l'incanto innato che gli dà il teatro col suo straordinario gioco di specchi, di passaggi e trovate. Tartufo è una delle più grandi sfingi del nostro dentro, il luogo sensibile in cui sanno tenersi insieme, in una folle e strepitosa armonia, il giusto e l'inesatto, il mite e lo strisciante, il miserabile e il virtuoso. E tutti a livelli di perfezione indiscutibile. Senz'altro più di un grande capolavoro.

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Molière

1622, Parigi

Pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin, Molière è stato un commediografo, attore teatrale e drammaturgo francese.Dopo aver studiato presso il Collège de Clermont, retto dai gesuiti e frequentato da ricchi borghesi, seguì corsi di diritto e per un po' di tempo avrebbe in effetti esercitato la professione di avvocato.Per discendenza paterna, poteva fregiarsi del titolo di «tappezziere del re». Ma il suo interesse si sarebbe presto rivolto in maniera esclusiva al teatro: nel 1643, assieme alla famiglia Béjart, fondò l’Illustre Théatre; la compagnia non ebbe successo, e fu costretta a lasciare Parigi. Nel 1658, rientrato a Parigi dopo anni di peregrinazioni in provincia, Molière interpretò davanti alla corte...

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