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Questo romanzo ci mostra che la "difficoltà dei tempi" è dovuta sia a fenomeni sociali - come la piaga dell'utilitarismo -, ma anche a pericoli morali, come un mondo privo di immaginazione. Ed è proprio questa la triste piega che sta prendendo la realtà. Mi ha fatto riflettere.
I tempi difficili di Dickens sono quelli della rivoluzione industriale britannica che cambia il volto delle città, le industrie ingoiano il vecchio paesaggio bucolico e ne segnano il volto con fumi e grigiore. L'ideologia dell'utile domina su personaggi quasi privati dell'anima, la nuova religione della macchina viene professata con ardore e Coketown (la città negativa di fantasia creata dall'autore) accoglie caos e sofferenza. Protagonisti di questi mutamenti si rivelano Mr. Gradgrind e Bounderby, schiavi di un 'sistema dei fatti' alienante e sfruttatore. Testo da annoverare tra le letture impegnate, per chi ama il genere vittoriano e il genio dickensiano.
Una delle mie affermazioni più frequenti è che i classici non si smentiscono mai, ed aggiungo: soprattutto quelli inglesi. E' stato scritto tempo fa, ma è di un'attualità disarmante. Ora che viviamo ugualmente in 'tempi difficili' per motivazioni che hanno origine ai tempi di pubblicazione di questo piccolo gioiello, assistiamo a dinamiche interpersonali che sono praticamente identiche ad allora. Relazione fra individui che si costruiscono e si autodemolscono alla luce di un sole fumoso che fa capolinea fra le ciminiere di Coketown e che illuminano .....il nulla, ma rumoroso. Gli unici punti di contatto fra le due (o tre) classi sociali esistenti si ha solo quando l'una si scopre senza sentimenti e guarda con curiosità quelli che ne animano l'altra: ma quando se ne accorge è ormai tardi per rimediare. Forse non è da ritenere il miglior romanzo di Dickens, ma consiglio di leggerlo a tutti, soprattutto a chi pensa che i tempi difficili in cui stiamo vivendo siano unici nella loro 'bruttezza' e si interrogano da dove traggano origine.
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