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Anno edizione: 2008
Anno edizione: 2010
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Voce originalissima e tematiche trattate senza morbidezze consolanti. Bravo Vasta.
Molto bello. Non riesco a digitare il 5/5 perchè non mi sono ancora ripreso per quanto mi ha turbato...
L'argomento anche dal risvolto di copertina incuriosisce, perché riguarda il tema degli anni di piombo; il romanzo tratta però dell'emulazione, del territorio principalmente culturale in cui si potrebbe espandere e germogliare ed in particolare fra i giovanissimi studenti delle scuole medie. L'inizio è stato davvero difficile tanto che ad ogni pagina mi chiedevo che razza di mente contorta avesse l'autore e cosa volesse realmente raccontare; ma poi quando la narrazione prende corpo e la cellula terroristica comincia a strutturarsi allora la nebbia si dirada e si riesce a riprendere in mano il filo della matassa. Allora si scende in un abisso di lucida follia in cui non si può credere che la mente umana, soprattutto quella di tre ragazzini normali anche se un po' strani, possa partorire tali mostruosità. Siamo nel 1978, al culmine della stagione terroristica in cui lo Stato è stato davvero in bilico su un baratro ed in cui la repubblica ha rischiato sul serio, anche io quei periodi me li ricordo, con gli occhi di un ragazzino, ma me li ricordo bene. Forse appunto la mente di un ragazzino può anche fermarsi maggiormente sugli ideali, ma l'ideologia spinta agli estremi perde i contatti con la realtà, fino a diventare fine a sé stessa. Il romanzo si conclude infine nell'unica maniera possibile: l'ultimo barlume di realtà fa crollare il castello di carte con un soffio di vento. Scrittura a tratti complicata e pesante, ma mai banale, mai stucchevole, mai barocca, ogni parola era precisa come fosse affettata con il coltello. I personaggi sono curati, approfonditi prima interiormente e poi nei loro comportamenti, nelle loro azioni.
Recensioni
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Il "tempo materiale" che dà il titolo all'esordio di Giorgio Vasta, palermitano trentanovenne che vive e lavora a Torino nel campo dell'editoria, è la scansione lineare e cronologica, mese per mese, dell'annus horribilis della storia recente d'Italia, il 1978, l'anno della definitiva perdita d'innocenza nazionale, ma è soprattutto uno spazio temporale che influenza e si fonde con la formazione di tre precoci undicenni palermitani, tre piccoli demoni che intraprendono una discesa all'inferno sulle orme delle Br. Finora alcuni racconti di Vasta erano apparsi nelle raccolte di minimum fax Best of 2006 e Voi siete qui (2007), oltre in I persecutori (Transeuropa, 2007) e in tre antologie da lui curate per "Bur", Deandreide (2006), Niente resterà pulito (2007) e Ho visto cose (2008). Questo suo primo romanzo si configura proprio come un romanzo di formazione di grado negativo, "una riflessione profonda e lacerante come ha scritto il critico palermitano Marcello Benfante sul tema del male e sulla concetto di responsabilità morale".
In una Palermo deformata, preistorica e senza mafia, tre undicenni, influenzati dai comunicati delle Br durante il sequestro Moro, decidono di costituire il Noi (Nucleo osceno italiano), un nucleo terroristico per riprodurre gli anni di piombo, prima, attraverso teppismo spettacolare, poi, commettendo delitti via via più efferati. Sono ragazzi molto precoci della media borghesia, delle vere e proprie avanguardie fascistoidi, affascinati dal linguaggio e dall'ideologia del terrorismo, alla ricerca di una ferrea disciplina interna, contro quella che definiscono la degenerazione del paese. Odiano, infatti, l'ironia, il cinismo, la corruzione, la provincia, il dialetto e il sottoproletariato, che diventa ben presto la facile e debole vittima delle loro azioni. Auspicano un'epidemia totale che spazzi via tutto e tutti, perché individuano la responsabilità come collettiva. Sono nichilisti, ideologici senza ideologia, moralisti senza morale, mistici senza Dio.
Vasta organizza il racconto dividendolo idealmente in due parti: la prima rappresenta la teoria, il tirocinio, la preparazione e il suo termine coincide con la fine dell'estate, mentre la seconda la pratica, cioè l'azione, la violenza sempre più estrema che esplode in autunno e si compie simbolicamente il solstizio d'inverno del 1978. In questa crescita assurda, auto-formativa, i tre si danno i soprannomi di Volo, Raggio e Nimbo (che sembrano parodie futuriste aeree in contrasto con la loro discesa agli inferi); codificano un linguaggio muto fatto di ventuno simboli per comunicare tra loro, estrapolato dai tormentoni e dai gesti della cultura di massa televisiva per ridicolizzarli; si allenano come un organismo unico per rispettare una geometria interna, ispirati dalla ferrea disciplina naturale delle api e dalla nazionale di calcio olandese del '78; e si tagliano i capelli come gli asceti, come i naziskin o l'Ezechiele biblico citato più volte. I tre piccoli demoni, terminato il tirocinio, portano alle estreme conseguenze i loro folli ragionamenti con una lucidità impressionante, con una precisa volontà di macchiarsi di un delitto originario. Il punto di vista è quello di uno dei tre, "il Nimbo", il più autolesionista e non meno strutturato degli altri, ma più sensibile alla presenza-assenza dei genitori (anche i genitori hanno nomi parlanti: il padre "la Pietra" e la madre "lo Spago"), più attento al dolore degli animali e l'unico in grado di recuperare in extremis un frammento di umanità e amore, l'unico in grado ancora di piangere.
Il romanzo di Vasta è come se fosse un esperimento, una fiaba nera che scandaglia analiticamente l'ipotesi di un addestramento al male: se da una parte i personaggi di questo libro sembrano inverosimili come tipologie di avanguardie, dall'altra arrivano a conclusioni lucide e possibili perché come dicono loro stessi "l'Italia è una grande macchina metabolica capace di rendere plausibile ogni cosa". Inoltre Il tempo materiale fa pensare a illustri modelli di romanzo di formazione e appare chiaro il riferimento a Pinocchio con i moltissimi animali, alcuni parlanti, che rappresentano la coscienza e il dolore della crescita. Eppure la lingua e la materia sono molto più estremizzate, e alcune immagini orrifiche richiamano la letteratura horror di formazione, come l'It di Stephen King.
La cosa che più colpisce e disturba di questo libro è il linguaggio utilizzato: freddo e viscerale allo stesso tempo, scientifico e virtuoso, sempre esasperato e allucinato. C'è un grande impiego di termini scientifici, come se Vasta volesse raccontare la biologia, l'anatomia e la fisiologia dei suoi personaggi, come se volesse spezzettare tutto il reale fino alle sue più infinitesimali particelle.
Nicola Villa
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