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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2013
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Imperdibile. Tanti contenuti preziosi e forse l'unica possibile chiave per un'economia a favore del cittadino.
Keynes è meraviglioso, ed il libro fantastico, si è totalmente pervasi dalla bellezza e genialità di questo scritto, inoltre al suo interno vi sono altri scritti del grande Maestro tutti superlativi. L'importanza non è se quel che diceva era giusto o sbagliato, come tutti gli uomini anche lui ha avuto i suoi abbagli le sue convinzioni, ma la bellezza strutturale del suo pensiero che nella teoria generale ha trovato il culmine. Per amor del vero si deve anche aggiungere che il testo non è molto agevole alla comprensione istantanea, e in certi tratti presenta molto attrito; ma il tutto è imbevuto da una così perfetta stilistica intrinseca che certe obiezioni sulla formalità dell'opera son proprio di poco conto. Ovviamente per capire davvero l'economia di Keynes bisogna leggere, anzi, apprendere gli altri suoi scritti e la sua biografia e leggere il libro distaccamente da pregiudizi che la dottrina economica ha deliberato, sopra fra tutte l'analisi IS/LM, che come Leijohnfvud ha riscontrato è soltanto un travisamento dell'economia keynesiana con reminiscenze walrasiane, ben lungi dalla linea di peniero di Keynes basata sull'incertezza. Lo studio della storia economica e non solo è di vitale importanza per migliorare i nostri giorni, e come diceva Keynes:"..ritengo che noi non penseremmo come pensiamo se Hobbes, Locke, Hume, Rousseau, Adam Smith..non avessero pensato e scritto come fecero. Uno studio della storia del pensiero è premessa necessaria per l'emancipazione della mente. Non so cosa renderebbe più conservatore un uomo, se il non conoscere null'altro che il presente, oppure null'altro che il passato" elogio a Keynes e alle grandi menti della storia che ci hanno regalato un patrimonio intellettivo inestimabile, e sta a noi scoprirlo per farne la base per migliorare il nostro mondo ormai malato.
Un libro che consiglio a tutti. Keynes rigetta l'economia neo-classica non in quanto ci siano delle falle, ma nel fatto che i suoi presupposti non esistono nel mondo reale, ma soltanto in un mondo ricardiano "ideale". Le principali critiche sono le seguenti. 1) Teoria del tasso d'interesse. Il tasso d'interesse non è il prezzo che eguaglia il risparmio all'investimento, ma il prezzo per incentivare chi possiede moneta a non conservarla. La moneta infatti differeisce dalle altre merci perchè ha un'elevatissima liquidità e scarsi costi di mantenimento. Ciò implica che vi è una preferenza a detenere moneta liquida, e che per incentivare ad investirla ci vuole un tasso d'interesse relativamente alto. 2) L'ammontare del risparmio dipende essenzialmente dal reddito e non dal tasso d'interesse. La propensione al risparmio aumenta con l'aumentare del reddito, però non è detto che questo risparmio venga investito, essendoci preferenza per la liquidità.Quindi il tasso d'interesse è puramente monetario e non determina uguaglianza tra risparmio ed investimento. Inoltre la propensione marginale al consumo diminuisce con l'aumentare del reddito. 3) Il reddito dipende dall'investimento che dipende dalla scheda di efficienza marginale del capitale, cioè dal rendimento prospettico futuro. Si investirà fin quando il reddito prospettico eguaglia i costi del bene capitale. Se c'è preferenza per la liquidità crescente col reddito, il tasso d'interesse può essere troppo elevato per far aumentare l'investimento e la propensione al consumo troppo bassa. Ciò fa diminuire l'efficienza marginale del capitale,quindi ciò ritarda l'investimento e blocca il reddito. Vi è stato di sottoccupazione e questo può essere evitato 1) abbassando il tasso d'interesse 2) favorendo la propensione al consumo con imposte progressive sui redditi 3) aumentare gli investimenti anche pubblici. Cade il presupposto per cui si amettevano diseguaglianze, cioè che il reddito dipendesse dal risparmio dei ricchi, quando questo nè è invece il freno.
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