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recensione di Tomasi, D., L'Indice 1993, n.11
Con rigore e metodo invidiabili, Casetti ripercorre qui quello che è stato il cammino non della teoria, bensì delle teorie del cinema dal secondo dopoguerra ai giorni nostri. La distinzione è utile nel suo evidenziare la molteplicità dei cammini percorsi, l'eterogeneità delle discipline utilizzate, il carattere variegato delle personali chiavi di interpretazione.
Il vasto panorama in questione è articolato da Casetti attraverso tre paradigmi, a cui corrispondono tre diverse generazioni. Innanzitutto c'è la teoria ontologica, che si chiede "che cosa è il cinema?" tentando di farne emergere un'essenza in grado così di definirne la natura ultima. All'interno di questo paradigma si situano i dibattiti sulle questioni del realismo (Bazin, Kracauer), dell'immaginario (Morin) e del cinema come linguaggio (Della Volpe, Mitry) che hanno animato tutti gli anni cinquanta.
Il secondo modello è quello delle teorie metodologiche, che prendono il loro avvio col saggio "Langage et cin‚ma" (1964) di Metz e che pongono il problema della prospettiva attraverso cui osservare il cinema, privilegiando un approccio sistematico e la ricerca di una pertinenza. Sono gli anni in cui la teoria del cinema diventa veramente un insieme di teorie governate da approcci molto diversi fra loro: dalla psicologia alla sociologia, dalla semiotica alla psicoanalisi.
Terzo e ultimo paradigma è quello che Casetti definisce delle teorie di campo e che si fonda sulla domanda "quali problemi suscita il cinema e come può tanto illuminarli che esserne illuminato?". Siamo negli anni settanta e ottanta, le discipline prima indicate non vengono affatto accantonate, ma si chiede loro di diventare "più disponibili, più aperte, più comprensive", in un generale allargamento di campo. È questa la parte più viva del libro di Casetti, che riesce a strutturare con notevole efficacia un panorama assai mosso, la cui prossimità temporale rende difficile tanto l'individuazione delle caratteristiche di fondo quanto il tratteggio di linee di demarcazione, che sono del resto spesso annullate dalle stesse teorie in questione.
Ecco così affacciarsi i discorsi sulla questione dell'ideologia e sulla critica alla nozione di rappresentazione, i contributi della Femminist Film Theory e il generale ripensamento sui rapporti fra cinema, storia e storia del cinema, per non dire di quei percorsi di ricerca che pensano al cinema a partire dalla teoria dell'enunciazione, dalla linguistica generativa, dalla psicologia cognitiva e dalla pragmatica.
Ciò che caratterizza quest'ultimo paradigma e le teorie che lo articolano è tanto il carattere di complementarietà, il reciproco inseguirsi, il tener conto l'uno di cosa ha detto l'altra, quanto "il fatto che le domande poste al cinema trascendono spesso il fenomeno a cui pure sono rivolte: provenendo da 'fuori' per andare 'al di là'", la teoria o le teorie del cinema non possono "più offrire delle risposte uniche, lineari, definitive. L'unica... possibilità è offrire una 'rete di ricerche' che inseguano e avviluppino l'oggetto investigato. La teoria come sapere frammentato e disperso. Un sapere 'sul' cinema e insieme 'oltre' il cinema. Per trattenerlo tra noi almeno per un poco".
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