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testo di base per il trattamento cognitivo dei disturbi depressivi
Adoro questo manuale. Molto denso di nozioni, é il libro sul disturbo depressivo per eccellenza, naturalmente per gli addetti ai lavori. Credevo che, essendo un libro datato, il suo linguaggio fosse arcaico, pedante e noioso ma mi sbagliavo perché l'ho trovato molto chiaro e soprattutto utile.
TESTO FONDAMENTALE PER CHI SPERI DI AFFRONTARE CON EFFICACIA LA DEPRESSIONE CON GLI STRUMENTI PSICOTERAPICI. OLTRE AD UNA RASSEGNA DEGLI ANTECEDENTI TEORICI IL LIBRO OFFRE TUTTA UNA GAMMA DI TECNICHE ATTE A RISOLVERE E A SUPERARE LA TRIADE DEPRESSOGENA CHE BECK INDIVIDUA COME FATTORE DI GENESI E DI MANTENIMENTO DELLA MALATTIA.
Recensioni
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scheda di Roccato, P., L'Indice 1988, n. 2
Di Aaron T. Beck e collaboratori erano già disponibili in italiano "La depressione" (Boringhieri, Torino 1978, ed. orig. 1967) e i "Principi di terapia cognitiva" (Astrolabio, Roma 1984, ed. orig. 1976). Il presente volume non apporta novità sostanziali al discorso della psicoterapia cognitiva, e, come per i due precedenti, tanto vi appaiono interessanti e stimolanti certi aspetti dell'elaborazione teorica, quanto vi è, poi, deludente, modesta e priva di spessore l'elaborazione della pratica. L'atteggiamento schematico, riduttivo, persino banalizzante che induce nel terapeuta sembra piuttosto pericoloso, giacché l'inesperto può essere sedotto dalla rassicurazione che gli può derivare da una metodica dall'apparenza molto scientifica e molto pratica (scalette, tabelle, punteggi, verifiche). È un guaio, questo, che sembra frequente allorché il cognitivismo viene applicato alla clinica, e che, forse, è connesso al fatto che le teorie cognitivistiche sono, ancor più che troppo giovani, troppo piattamente collegate a certe miopie del comportamentismo d'oltreoceano. Peccato, perché la posizione cognitivistica sembrerebbe centrale per l'elaborazione di ogni teoria della tecnica psicoterapica, dato che qualunque intervento psicoterapico mira, di fatto, a una ristrutturazione del campo cognitivo del paziente, e si fonda sulle attività cognitive sue e del terapeuta. Forse, la speranza di rendere utilizzabile in modo non banale e non riduttivo la prospettiva cognitivistica in ambito psicoterapico potrà essere realizzata da qualcuno che costruisca, sì, dei ponti fra clinica e cognitivismo, ma partendo da una prospettiva psicodinamica più sfumata, ricca e consapevole che non sia quella del comportamentismo.
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