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Una perla rara,ghost story in salsa maremmana, elegante e raffinata,con sprazzi di alta letteratura.Scrittura fluida e personaggi molto ben caratterizzati,con dialoghi assolutamente realistici e atmosfere dense di emozioni.La firma d'altronde è una garanzia. Da leggere sicuramente-
Scarno, frettoloso. E il finale non è poi così inaspettato.
Leggendo il racconto mi è sembrato quasi di sfogliare un numero di Dylan Dog, tanto surreale era la storia. Ce ne sono troppo pochi di racconti del genere. Concordo, però, con chi si è lamentato del prezzo.
Recensioni
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Il binomio Fruttero & Lucentini, spesso abbreviato in F&L, anche detto "la ditta", rappresenta il sodalizio artistico fra gli scrittori Carlo Fruttero e Franco Lucentini. I due hanno firmato collaborazioni giornalistiche, traduzioni e romanzi, soprattutto gialli, molto amati dal pubblico. Sempre in coppia si sono occupati anche di fantascienza, dirigendo la collana "Urania" di Mondadori per più di un ventennio (1961-1986). Ti trovo un po' pallida apparve originariamente su "L'Espresso" nel 1979 con la doppia firma Fruttero&Lucentini: ambientato in una Toscana estiva, tutta echeggiante, di località in località, del chiacchiericcio tipico di un jet set tanto affluente quanto ignorante, questo racconto "fantastico" resta un esempio perfetto di misura stilistica e di seduzione narrativa. La protagonista del racconto, Gea, trascorre un'intera giornata a rincorrere "amici" tra i colli toscani, dalle rovine etrusche e romane alla trattoria dove si servono i piatti tipici della zona, fino al teatro in cui si recita il Tamerlano di Haendel. Ma tutto sembra surreale; c'è sempre qualcosa che manca, qualcosa che non è al proprio posto: la giardinetta azzurra che sparisce dal parcheggio, il braccialetto di smalto e argento mai fatto riparare perso chissà dove, gli occhiali neri e il cappello di paglia, la borsetta dimenticata nella macchina di non si sa chi. In un susseguirsi di pensieri, parole, persone che vanno e vengono, seguiamo Gea in questo turbine onirico fino a che "tutto si ricompone, tutto si spiega in un fulmineo, spastico replay" di situazioni. E il pallore della donna, richiamato nel titolo, acquista finalmente un senso.
A seguito del racconto, Fruttero, in un arguto backstage, ci spiega le origini della storia e il perché la scelta sia ricaduta sulla ghost story: durante la seconda guerra mondiale l'autore si appassionò alla letteratura gotica di tradizione anglosassone, ai suoi fantasmi e castelli popolati da spiriti. Da qui, l'idea di trasportare il genere anche in Italia, scrivendo, però, una storia tutt'altro che cupa: "una storia di fantasmi in pieno sole, con cortei di macchine in smanioso movimento tra colli e vallate, la superficiale rapacità del turismo estivo. Il chiacchiericcio di una comitiva più o meno ricca, più o meno snob che vaga qua e là per i luoghi più belli della Maremma toscana".
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