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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2017
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Un romanzo molto ben riuscito: storia, personaggi, descrizioni ambientali. Tutto molto ben descritto ed armonizzato. La narrazione della tempesta è magistrale.
È un romanzo claustrofobico, solidamente costruito e che lascia inquieti. Un poco scadente nella caratterizzazione di alcuni personaggi ma vi incolla davvero fino alla fine.
Mi piace questo scrittore, di lui ho già letto molto, questo libro è breve ma non per questo non godibile. L'angoscia del protagonista, che lo accompagna per una vita intera, fino ad un colpo di scena finale inaspettato, è l'angoscia che colpirebbe chiunque in una situazione limite, così ognuno di noi può immedesimarvisi. Lo consiglio.
Recensioni
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In "Tre giorni e una vita" Pierre Lemaitre ricostruisce perfettamente l'atmosfera di una piccola comunità scossa da un evento tragico, scandagliando con precisione chirurgica le pieghe dell'animo umano.
«Per tutta la notte percorse la sua camera avanti e indietro. Per lui, era una catastrofe totale. La sua vita non era altro che l’immensa disfatta alla quale la sua infanzia, un puro dolore, l’aveva destinato.»
In questo nuovo romanzo Pierre Lemaitre si toglie i panni del commissario Verhoehen (il suo personaggio più famoso) per mettersi invece quelli del colpevole. E che colpevole: un ragazzino di dodici anni, Antoine Courtin, che in preda a una rabbia cieca e adolescenziale commette il più grande errore della sua vita. È il 1999, e la cittadina francese dove vive con la madre, una donna divorziata con un’ossessione per le regole, è sconvolta dall’accaduto.
Ma per l’allora tranquilla (se non noiosa) Beauval è qualcosa di più di un crimine, è uno scandalo. Un succulentissimo scandalo, che appassiona talmente tanto i suoi abitanti e quelli dei dintorni da renderli quasi voraci di ogni notizia, di ogni sviluppo, di ogni sussurro. Non è un caso, quindi, se in ogni momento nella mente di Antoine continuano a scorrere immagini folli, della sua colpa tremenda e di quello che gli accadrebbe se lo scoprissero. E infatti ogni minimo gesto lo riporta lì, a quell’attimo in cui la sua vita è cambiata per sempre.
A cos’altro potrebbe pensare dopotutto, un ragazzino che ha appena commesso un crimine? Cos’altro, se non alla fuga, all’angoscia/sollievo di essere scoperto, alla speranza che ogni prova del suo delitto (perché ci sono, le prove) scompaia per sempre? Nel volto di ogni persona che incontra teme di veder comparire un atto d’accusa. Sono i volti della sua povera madre, dello spaventoso e quasi animalesco signor Desmedt, del sindaco Weiser, della bellissima compagna Émilie, del silenzioso e funereo signor Kowalski, e di tanti altri ancora. Troppi, per poterli fuggire tutti.
Un’angoscia che Lemaitre rende con una precisione di dettagli che potrebbe sembrare maniacale, se maniacale non fosse appunto il comportamento del suo protagonista, sempre timoroso, sempre in pena, sempre alla ricerca di qualche redenzione che non arriva mai. Tutta la sua vita infatti girerà attorno a quel giorno fatale, a quel tragico pomeriggio nel bosco di Saint-Eustache: il suo lavoro, le sue relazioni, il suo futuro come operatore umanitario.
In effetti, anche in termini di pagine, quei tre giorni durano molto di più del resto della vita di Antoine: tre lunghissimi giorni in cui non sentiamo altro se non il battito del cuore di un dodicenne spaventato, confuso e intrappolato, prima ancora che dal mondo, dai pensieri dentro la sua testa.
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