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Un libro amaro, amarissimo, come il nome della sua protagonista. Il racconto di una tenera amicizia infantile legata al ricordo dell'albero di ciliegio su cui Amara si arrampicava con il suo grande amico ebreo Emanuele, il bambino che voleva volare. Un'amicizia che continua a distanza, attraverso lettere che il bambino scrive da Vienna, dove lo sconsiderato desiderio di ritorno a casa della madre ha ricondotto la famiglia allo scoppio della 2° guerra mondiale. Un diario, spedito da chissà chi, che contiene le ultime tracce dell'esistenza di questa famiglia prima della sparizione nell'orrore dei campi. E alla fine della guerra un viaggio di ricerca, la partecipazione per caso alla rivolta ungherese e la scoperta di terribili verità che comportano l'inevitabile perdita di tutte le illusioni della giovinezza. Nel suo viaggio di ricerca e nei destini delle persone che incontra, si disvela il senso della catastrofe e dell'abisso che ha vissuto il Novecento. Le follie del nazismo e del comunismo, la propaganda che diffonde il suo veleno in tutto e in tutti, confondendo la verità ed arrivando a giustificare, in nome di un'idea, qualsiasi bruttura anche l'abisso in cui un intero popolo si sta buttando. Chissà se tutto questo è spiegabile nelle parole di Frau Morgan, per cui milioni di tedeschi erano "vittime" di "un'enorme oscena ubriacatura collettiva". Ma si può in questo modo comprendere, giustificare e pertanto assolvere un popolo che ha condannato 6 milioni di persone a perdere ogni dignità umana prima ancora della vita? E le vittime? E i sopravvissuti che hanno toccato la feccia, lo schifo di sé, sono stati corrotti e degradati. "...è di quello che godevano, renderci come loro, toglierci la stima di noi stessi. Tutto si può fare per sopravvivere e questa è la condanna più disgustosa, la più sapiente, quella che ci ha uccisi meglio". Una riflessione profonda e terribile su l'orrore della guerra e di tutti i regimi totalitari.
Un libro che dalla quarta di copertina sembra interessante ma quando lo si va a leggere purtroppo si rimane un po' delusi. Il romanzo inizia abbastanza bene anche se con un linguaggio non molto scorrevole. La storia fin dall'inizio è abbastanza interessante anche se purtroppo dopo un centinaio di pagine diventa noioso e D.M. perde di vista la trama principale per dilungarsi in 100 pagine o più a raccontare la situazione politica Ungherese nell'anno 1956, anno in cui è ambientato il romanzo. Sono pagine noiose e che non sono assolutamente in armonia con tutto quello scritto prima, è un libro dentro nel libro, un argomento a sé sviluppato al centro del romanzo. L'unico risultato è la interruzione netta del romanzo e della trama principale. Sembra quasi che Dacia M. si sia dilungata a raccontare le vicende dei protagonisti in Ungheria a causa di un calo di fantasia, sviluppando l'argomento per fare pagine. Alla fine di questa divagazione, alquanto fastidiosa e noiosa e che spezza l'armonia, riprende la trama principale e termina il romanzo in poche pagine concentrando il finale in poco meno di 40 pagine, uno sprint verso un finale deludente. Una struttura poco fluida, accompagnata da uno stile di scrittura spesso noioso e poco fluido. L'idea di Dacia in partenza non è male ma purtroppo è stata sviluppata male. Nonostante tutto è un libro leggibile ma non bisogna aspettarsi un romanzo eccellente.
Il libro è sicuramente ben scritto e in questo l'autrice è senz'altro una garanzia. Tuttavia, alcune parti (e mi riferisco soprattutto ai fatti ungheresi) potrebbero essere del tutto saltate perchè assolutamente inutili all'impianto del romanzo e non pertinenti al tema centrale della ricerca dell'amico scomparso. Il tema dell'olocausto è trattato più con l'occhio dello storico che con quello dello scrittore di romanzi; sono pochi, infatti, anche se degni di nota, i punti in cui il racconto si fa veramente intenso, emotivamente coinvolgente e ricco di pathos. Tra i più belli: i ricordi dell'infanzia a Firenze, le lettere dell'amico da Vienna e poi dal ghetto, lo sfogo di Emanuele nel finale.
Recensioni
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Amara è una giovane aspirante giornalista. Nonostante il divieto espresso da parte del Duce di utilizzare nomi non riconducibili ai santi, suo padre era riuscito a far registrare all'anagrafe quel "Maria Amara Sironi", un nome, ma anche un aggettivo, che rivela il senso di questa appassionante vicenda.
Amara come la realtà, amara come la vita. Il nuovo romanzo di Dacia Maraini corre sul doppio binario della storia, attraverso le campagne sconfinate e gelide dell'Europa dell'Est, attraverso la cortina di ferro. Una giovane donna varca da sola il confine con l'altro lato del mondo, nel 1956, alla ricerca di Emanuele, il suo amico d'infanzia disperso ad Auschwitz. Tra vecchi registri impolverati e anguste biblioteche di regime in cui gli archivi dell'epoca vengono letteralmente seppelliti, incastrata tra le maglie di una burocrazia macchinosa e avvilente, Amara si troverà nel bel mezzo della rivolta ungherese.
Alla ricerca di un affetto privato, Amara si addentrerà nel labirinto di una grande tragedia storica, l'olocausto, per giungere alla fine al cospetto di una guerra simbolo dell'abisso in cui è piombato il Novecento.
Dacia Maraini in queste pagine rende il suo omaggio, di donna libera e impegnata, al secolo appena trascorso, toccando i nodi centrali, i nervi ancora scoperti di una società che ha sperimentato l'orrore della civiltà e che lentamente prova a risollevarsi. Lo fa regalandoci un personaggio femminile ricco di umanità e verità, una donna capace di superare le paure e le convenzioni per vivere in prima persona, toccare con mano, la tragedia che si consuma in Europa e di cui nessuno è ancora consapevole. Una donna carica di un coraggio che solo il desiderio di conoscenza può ispirare, che diventa simbolo di una passione tutta umana per la ricerca. A queste donne Dacia Maraini ci ha abituati in questi anni, ispirando valori che trovano nell'espressione completa della femminilità tutta la loro carica dirompente. Lo fa, anche in questo romanzo, con la classe e la precisione di una prosa perfetta, armoniosa che ricorda i grandi classici della letteratura mondiale.
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