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Anno edizione: 2014
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Storia di formazione, la Trilogia della città di K ritrae un'epoca che sembra produrre soltanto la deformazione del mondo e degli uomini, e ci costringe a interrogarci su responsabilità storiche ancora oscure.
«Una prosa di perfetta, innaturale secchezza, una prosa che ha l'andatura di una marionetta omicida» – Giorgio Manganelli
Quando Il grande quaderno apparve in Francia a metà degli anni Ottanta, fu una sorpresa. La sconosciuta autrice ungherese rivela un temperamento raro in Occidente: duro, capace di guardare alle tragedie con quieta disperazione. In un Paese occupato dalle armate straniere, due gemelli, Lucas e Klaus, scelgono due destini diversi: Lucas resta in patria, Klaus fugge nel mondo cosiddetto libero. E quando si ritroveranno, dovranno affrontare un Paese di macerie morali. Storia di formazione, la Trilogia della città di K ritrae un'epoca che sembra produrre soltanto la deformazione del mondo e degli uomini, e ci costringe a interrogarci su responsabilità storiche ancora oscure.
«Tutto ha inizio con due gemelli che una madre disperata è costretta ad affidare alla nonna, lontano da una grande città dove cadono le bombe e manca il cibo. Siamo in un paese dell'Est, ma né l'Ungheria né alcun luogo preciso vengono mai nominati. Un inizio folgorante che ci immette di colpo nel tempo atroce dell'ultima guerra raccontandolo come una metafora. La nonna è una “vecchia strega” sporca, avara e senza cuore e i due gemelli, indivisibili e intercambiabili quasi avessero un'anima sola, sono due piccoli maghi dalla prodigiosa intelligenza. Intorno a loro ruotano personaggi disegnati con pochi tratti scarni su uno sfondo di fame e di morte. Favola nera dove tutto è reso veloce ed essenziale da una scrittura limpida e asciutta che non lascia spazio alle divagazioni. Un avvenimento tira l'altro come se una mano misteriosa e ricca di sensualità li cavasse fuori dal cilindro di un prestigiatore crudele.» (Rosetta Loy)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Non sono solito recensire romanzi ma visto la stola di elogi senza fine che vestono questo "capolavoro" , vorrei dire per lo meno la mia e riportare l'ago della bilancia al suo equilibrio. Riguardo la prima parte del libro, gli episodi narrati, in un fosco ed imprecisato scenario di guerra, sono caratterizzati da una brutalità tale da sfiorare il ridicolo nel loro ripetersi continuamente secondi gli stessi schemi e senza nulla aggiungere né ai fini della trama né riguardo la caratterizzazione dei personaggi, tanto se c'è da chiedersi se l'intento primo dell'autrice non fosse altro che suscitare mero raccapriccio nel lettore al sol fine di mantenere viva la sua attenzione. Come se non bastasse il tutto è accompagnato da una prosa scarna e una sintassi elementare e assai limitata, ai limiti di un testo teatrale, ove la caratterizzazione dei personaggi è lasciata esclusivamente ai dialoghi (a mio avviso il più delle volte inverosimili tra l'altro) che intercorrono nello sfondo degli avvenimenti appena menzionati, che intrecciano le vicende che fanno da pallido sfondo nella narrazione. La seconda e terza parte, verosimili e variegate per stile narrativo, assieme a un finale certamente inaspettato, salvano solo parzialmente l'opera da un giudizio tremendamente negativo. Il libro in sè meriterebbe almeno tre stelle su cinque, ma visto l'enorme e a mio avviso inspiegabile successo, non mi sento di darle più di due. PS. Se volete leggere una grande opera dedicata alla guerra, piuttosto vi consiglio "Niente di nuovo sul fronte occidentale"
Nessuna delle tre parti mi ha convinto fino in fondo , forse perché anche nella vita reale non mi piacciono le personalità multiple e sociopatiche.
Mi chiedo come ho fatto ad arrivare fino ad oggi senza leggerlo. Scorre via, con la curiosità di conoscerne l'evoluzione. Ma ogni lettore può fare suo l'esito che preferisce.
Recensioni
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