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Ben noto anche in Italia, esponente dell’opposizione di sinistra nella Germania di Adenauer, Enzensberger era salito a suon di versi sulla ribalta politica difendendo i “lupi”, ossia le teste pensanti, contro l’ottusa massa di “agnelli” proni alla destra tedesca. Nel 1965 fonda “Kursbuch”, rivista di riferimento internazionale per i movimenti marxisti. Ospite nel 1968 della Wesleyan University, tronca i rapporti per protesta contro la politica estera degli Stati Uniti e si trasferisce a Cuba. Fiancheggia e sostiene la rivolta studentesca di Berlino tenendosi tuttavia a distanza.
Tumulto ci restituisce gli anni del suo impegno marxista. Il libro gioca su diversi piani: la testimonianza autentica e il filtro della riflessione odierna; gli appunti di ieri e lo sguardo disincantato sulle passioni politiche del Novecento. Enzensberger fa e disfa la sua biografia, duetta con se stesso, confessa e si sconfessa. Il tutto con una scrittura alta ma svelta, tenera e sarcastica.
Il libro si apre con un viaggio in Unione Sovietica, anno 1963. Il poeta vola a Leningrado a un convegno per la pace. Nel Cremlino siede Chrušc?v. Folgorante è il diario nel cogliere i dettagli quotidiani della pax sovietica: impossibile ottenere una mappa della città, il tappo della vasca da bagno o una guida telefonica, ma un microscopio costa meno di un paio di pantofole. Questa capacità di accendere al lettore squarci di realtà si amplifica nel secondo viaggio del 1966, attraverso la Siberia e il Kazakistan, nei recessi arcaici e montagnosi dell’impero, dove tra centinaia di etnie diverse ancora resistono tratti di una cultura sciamanica. Enzensberger s’inoltra poi nei Ricordi del Sessantotto berlinese. Sfilano le immagini dell’alloggio di famiglia, i cortei di protesta e i primi arresti. Ma da quella Berlino prende il largo, e lo racconta col tono dell’autore cosmopolita abituato a veleggiare oltre il dato contingente. Un registro mondano che serpeggia lungo tutto il testo. C’è un intermezzo indiano con high tea a Nuova Delhi, l’invito al campus statunitense e quello del principe Sihanouk in Cambogia; a Roma Enzensberger balla con Ingeborg Bachmann, conversa a Tahiti con Allende, e a Mosca è accolto da Neruda con caviale e champagne. Procede, questo intermezzo, a morsi e strappi fino al trasferimento a Cuba. Qui l’analisi politica si fa serrata, dettagliata da cifre e dati statistici. Un grande affresco dell’Avana di quegli anni, certo visto nella penombra del dopo-storia, ma capace di trasmettere al lettore un’esperienza autentica.
Recensione di Anna Chiarloni.
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