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Molto buono, presenta di fatto l'andamento di tutti i reparti del Corpo d'armata alpino dal Don a Nikolajewka nell'inverno 1942-43. Talvolta è forse anche troppo fitto di notizie sulle varie compagnie e plotoni e su varie singole figure. Consiglierei la lettura a chi già conosca tratti ede eventi fondamentali della ritirata, altrimenti ci si potrebbe perdere. Lo stile a volta è più giornalistico che storiografico, ma rimane un'ottima panoramica su quella tragedia
Un racconto crudo sulla bruttezza della guerra, o qualcuno pensa ancora che ci sia bellezza nella guerra? Certo meglio non giudicare, si faceva buon viso a cattivo gioco per non incorrere in guai col regime. La rabbia e l'umiliazione accumulate si rifaranno con l'uccisione e lo scempio del cadavere del principale responsabile di tutto cio'. Lo stile di Caruso va preso per quello che e', lo scorrere incessante di una mole enorme di nomi e dati, che a taluni puo' non piacere e talvolta apparire retorico, ma che nel complesso esprime bene la realta' e il senso di quei giorni.
Sono un estimatore di Caruso per cui non mi dilungherò in critiche positive. Scrivo unicamente per ricordare che in questo libro viene trattata unicamente l'odissea russa del Corpo di Armata Alpini e cioè della Tridentina, della Julia e della Cuneense (200.000 uomini circa) e non di tutta la spedizione italiana. Spedizione italiana (ARMIR) che contava circa 600.000 uomini in tutto. In realtà la ritirata di tutto il corpo di spedizione è ancora più drammatica e complessa di quella relativa al solo corpo alpino i quali, seppur in maniera blanda erano cmq più attrezzati degli altri contro il clima rigido delle steppe russe.
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