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Gli editoriali, ora raccolti in questa antologia, avrebbero meritato di essere pubblicati almeno su LA REPUBBLICA. L'ostracismo dei colleghi(dopo il dichiarato odio dei politici italani) che accompagna Marco lo impedisce. E' dunque una ottima scelta questa di riunirli qui. La loro lettura svelerà a tutti la spensierata deriva dell'Italia nei lidi del declino economico,civile e politico. Lo stile arguto, sapido e terso del giornalista è una garanzia; talvolta si ride, anche se amaramente, su questa variopinta giungla che è l'Italia.Ma rimane un sollievo sentire Marco, uno di Noi, e pensare liberamente.
Il libro poteva essere decisamente fatto meglio (è semplicemente una raccolta degli interventi che Travaglio ha fatto sull'"Unità" nell'ultimo anno e mezzo di Governo Prodi) ma è di grande effetto anche così, da Travaglio non mi aspettavo nulla di meno che pagine al vetriolo. Sferzante e acuto come sempre Travaglio ci mostra le brutture e le storture del sistema-Italia: dalle commissioni antimafia che annoverano tra i loro membri soggetti condannati per corruzione e (ovviamente) mafia, ai ministri della giustizia che stravolgono l'ordinamento giudiziario per sperare di mettere la museruola ai Pubblici Ministeri che "indagano e intercettano" troppo sul malaffare imperante nei "piani alti" della politica, a "calciopoli", delirante vicenda finita, ovviamente, all'Italiana, un buffetto sulla guancia e scurdammoce 'o passato, come dicono a Napoli, per finire con i difensori della famiglia che di famiglie ne hanno 2 o 3, come Casini, Berlusconi e Sgarbi e poi sbraitano contro i matrimoni omosessuali in difesa "dei valori cristiani e della società fondata sul matrimonio". Verrebbe da pensare che questo sia un libro di fantasia come "Farenheit 451" di Bradbury, ma poi uno pensa che questo è il paese in cui vive e che ama e magari si incazza un pochino.
Il libro che più di tutti gli altri evidenzia la libertà di pensiero di Travaglio.
Recensioni
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Se taluno ha il merito merito, ahimè, molto raro di star sullo stomaco, ugualmente, a quelli di destra e a quelli di sinistra, gliene sia data lode a gran voce, in un paese nel quale la cultura dell'accomodamento e l'opportunismo obbligato soffocano ogni ipotesi di voce che non abbia nessuna etichetta se non quella della libertà del pensiero e del rigore imparziale della denuncia. Dove "imparziale" è tutt'altro valore di quel "bipartisan" con il quale i frequentatori di Montecitorio e Palazzo Madama pretendono di descrivere tutto ciò che in quei saloni trova concordanza più o meno unanime; e, anzi, di questa unanimità spesso da "inciucio", l'imparzialità è giustamente l'opposto. Dà fastidio, è insopportabile.
Travaglio è ormai una delle più note figure del nostro mondo politico, e l'insofferenza con la quale lo osservano i "berlusconidi" trova oggi pari reazione da quest'altra parte, quella della cosiddetta Unione (che scrive con buon senso Travaglio più che una coalizione è un ossimoro), la quale, masticando amaro, pretenderebbe maggior "rispetto", anche perché gli interventi di Travaglio ricevono poi spazio e visibilità proprio nei media che all'Unione sono più vicini, da "l'Unità" a "l'Espresso", "Micromega", "la Repubblica".
Fustigatori di costume, il giornalismo italiano non ne ha avuti molti nella propria storia, che da sempre è la storia d'una struttura che ha largamente fiancheggiato il potere, quasi sempre accomodandosi alla sua ombra e pascendosi dei suoi avanzi. Rari e preziosi, dunque, coloro che rifiutano di stare nel coro, e anche se l'epiteto sprezzante di "giustizialisti" o "giacobini" accompagna spesso l'insofferenza per la loro intransigenza, il ruolo che essi svolgono è insostituibile. Luca Ricolfi ha già denunciato con asprezza l'orgoglio d'una cultura politica che ha preteso di coprire con la propria "diversità" l'aspirazione a una gestione eticamente irreprensibile del potere; questo volume di Travaglio, che raccoglie i suoi interventi critici quasi giornalieri su "l'Unità" per questo primo anno e speriamo comunque che non sia l'ultimo del governo Prodi dà ora la misura amara di quanto ingiustificato fosse quell'orgoglio. E se pure il titolo privilegia il richiamo a quel magistrale casino che Peter Sellers e Black Edwards ci raccontarono al cinema, mai sottotitolo d'un libro fu una sintesi più fulminante e illustrativa del contenuto delle sue pagine, di quello che qui si legge con frustrazione nella copertina, sopra un bel disegno di Giannelli.
Mimmo Candito
"Almeno un miracolo il Cavaliere l'ha fatto: riunire i nostalgici di Montanelli e di Berlinguer, molti no global e i difensori della costituzione al seguito di Scalfaro". Marco Travaglio dedica questo suo nuovo, provocante libro al centro-sinistra italiano, a tutti quelli che, finché "di là" c'è Berlusconi, voteranno a sinistra. Perché, scrive Travaglio, c'è un grosso "ma" che grava su Prodi e sui suoi ministri: sulla giustizia, sulla questione morale e sulla libertà d'informazione, l'Ulivo saprà fare meglio, o meno peggio, del governo che l'ha preceduto?
Per rispondere a questa domanda il giornalista più corrosivo d'Italia ripercorre un anno di politica italiana. Dalla campagna elettorale e dalla vittoria di Prodi dell'aprile 2006 a oggi, passando per il giallo mai risolto dei brogli elettorali e gli scandali di Calciopoli, la legge sull'indulto e gli impegni traditi dal centrosinistra al governo, i "furbetti del quartierino" e Vallettopoli, il caso Telecom e lo scandalo Unipol, fino alle ultime battaglie sulle poltrone per il Cda della Rai e alla crociata contro i diritti dei conviventi (i famosi Dico). Ne esce un volume prezioso, disincantato, che raccoglie tutti gli articoli pubblicati da Travaglio nella rubrica Uliwood Party aperta non a caso subito dopo l'arrivo di Romano Prodi a Palazzo Chigi e che rappresenta, purtroppo, la continuazione di Bananas, appuntamento quotidiano per i suoi lettori nell'era berlusconiana. Travaglio sostiene principi che dovrebbero essere assodati: non dobbiamo dire una cosa e fare l'opposto, bisogna rispettare la legge e le sentenze, chi commette reati dev'essere condannato e scontare la pena, la libertà d'opinione dev'essere salvaguardata e l'informazione dev'essere libera. Dovrebbero essere principi ugualmente condivisi dalla destra e dalla sinistra, ma in questa Italia è fin troppo. Tra veri e finti scandali, seguiamo il giornalista torinese, libero, documentato e scomodo come sempre, che dal suo ricco archivio ci aggiorna sulle nuove "figuracce" e sui "figuri" della nuova legislatura.
Una penna affilata, che fa di Travaglio un testimone eccezionale e uno scrittore irresistibile. E questo Uliwood Party, diario di un'Italia che brucia spensieratamente le speranze di centro, sinistra (e destra), ne è un'altra, convincente conferma.
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