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Non so chi dicesse che gli uomini devono preoccuparsi di aggiungere vita ai propri giorni e non giorni alla propria vita. Di sicuro l'essenza di questa frase è presente dalla prima all'ultima pagina del libro. Avere sogni e cercare di realizzarli come ha fatto sempre Randy Paush durante la sua vita è l'unico comportamento che ti aiuta a non rimpiangere troppo gli anni che passano quando si invecchia o addirittura si muore. In un uomo precocemente destinato a morire come Pausch il poter constatare di aver coronato tutti i sogni della propria gioventù è l'unica risposta possibile alla condanna subita. Questo libro, dallo stile scorrevole e mai retorico, è un insegnamento a dedicare la propria vita alla conoscenza ed all'approfondimento di quei valori che sono immortali nel tempo. Gli uomini muoiono ma certi valori no.
libro intenso di emozioni e d'obbligo a fine lettura di una riflessione sui valori della vita.
Tanti piccoli ma importanti consigli lasciati da una persona che sa di avere poco tempo ancora da vivere. Semplice e diretto, come forse era il professor Pausch. Si legge velocemte.
Recensioni
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The last lecture, l'ultima lezione, di solito la tengono i professori che vanno in pensione. Quella che leggiamo in queste pagine, invece, è la lezione di un uomo che muore: Randy Pausch, docente di informatica, tra i pionieri della realtà virtuale. Ha dieci metastasi al fegato e solo pochi mesi di vita davanti. Ha deciso di trascorrere il tempo restante, non solo a preparare la moglie e i tre figli alla sua assenza, ma anche a trasmettere ciò che avrebbe detto nei prossimi anni. Nell'agosto 2007, quando la cura del cancro al pancreas non ha più funzionato, Pausch ha mantenuto l'impegno di tenere la lezione alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh perché, come "un leone ferito vuole sapere che è ancora capace di ruggire", ha voluto catapultarsi in un futuro che non avrebbe vissuto.
Pausch dedica ai figli Dylan, Logan e Chloe (di 5, 2 e 1 anno) queste parole, che potranno raccontare loro, tramite il web, il dvd e il libro, chi era loro padre, cosa pensava, quali erano le sue idee. è un discorso sulla vita, non sul cancro e sulla morte. S'intitola "Realizzare davvero i sogni dell'infanzia", ciò che ci rende unici, secondo Pausch. La sua vita è racchiusa nel portatile, un'ora di file e Powerpoint. Pausch indossa una polo maniche corte sbarazzina, non è depresso o imbronciato, parla davanti a 400 studenti. Non fa finta di niente, ha interrotto una chemioterapia devastante e si è trasferito in Virginia vicino ai familiari della moglie Jai perché possano aiutare lei e i bambini. Dopo aver mostrato al pubblico la lastra del suo fegato e la foto della nuova casa, racconta dei suoi genitori molto curiosi, colti e caritatevoli, due persone ottimiste. Dichiara di aver vinto alla "lotteria dei genitori", perché – scrive – "i bambini, più di ogni altra cosa, devono sapere che i loro genitori li amano. E non è indispensabile essere vivi per questo". Ripensa ai dipinti sui muri della cameretta, al sogno giovanile di superare la gravità; racconta l'amore per il football americano e per i suoi fondamentali, il mito del capitano Kirk di Star Trek. La lezione prosegue con l'anno entusiasmante alla Walt Disney, nel '95, per un progetto di realtà virtuale, quando era già professore in Virginia. Poi, nel 2006, inizia l'odissea sanitaria e il dottor Wolff è costretto a dirgli: "Godrà di buona salute dai tre ai sei mesi". Parole che a Pausch ricordano il personale del Disney World, quando diceva "il parco è aperto fino alle 20".
Ecco il lascito spirituale di Randy Pausch: uno scienziato che sogna malgrado il fegato zeppo di metastasi, che coglie l'attimo, che gira sulla decapottabile con il braccio fuori dal finestrino e le dita tamburellanti al ritmo della musica. Un uomo che dà giudizi onesti, che versa la bibita sul sedile posteriore dell'auto per insegnare ai nipoti che le persone contano più delle cose. Una persona che racconta la gioia di amare la propria moglie e che ci restituisce una toccante lezione sul senso del tempo, su come vada apprezzato e non buttato via. Perché è tutto quello che abbiamo.
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