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Anno edizione: 2016
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In Ultimo giro al Guapa, romanzo d’esordio di Saleem Haddad, si incrociano due rivoluzioni, una più corale e l’altra più intima, entrambe sbocciate prepotentemente nel pieno della cosiddetta Primavera araba; da un lato le nuove generazioni mediorientali, sempre più occidentalizzate, insofferenti verso le forze politiche conservatrici, e dall’altro le singole storie di chi, pur condividendo le stesse istanze di rinnovamento, è costretto a vivere nell’inadeguatezza e nella clandestinità. Haddad, attraverso una scrittura ispirata, diretta e partecipe, fotografa una capitale mediorientale in pieno tumulto, precaria a ogni angolo, pericolosa, divisa tra i sobborghi occidentali in espansione, i vecchi edifici del centro e le baracche delle periferie. A parlare è Rasa, il protagonista, un giovane che per via della sua natura omosessuale è costretto a vivere nell’ombra, figlio di una società grondante religiosità misogina (quindi omofobica), una società che fin da bambino gli ha insegnato cosa è ‘eib e cosa non lo è. Una traduzione fedele della parola è: “vergogna”, ma l’’eib comprende molto di più; il sottinteso del termine è il kalam il-nas, ossia: quello che dirà la gente. Il libro ci offre una visuale assolutamente privilegiata sulle sofferte trasformazioni attualmente in atto in molte metropoli mediorientali. Haddad sorvola Siria, Egitto, Libano, Giordania e ambienta il romanzo in una sorta di ibrido urbanistico tra Beirut, San’a, Amman e Il Cairo. Poco importa il luogo specifico, l’attentato o la retata repressiva di turno, perché la rivoluzione preme ovunque, ora vigorosa, ora fiaccata, ma sempre passionale, coraggiosamente umana. Dal Guapa, allargandosi per cerchi concentrici, la bella scrittura di Haddad si spinge a descrivere gli aspetti meno noti in seno alla Primavera araba, una stagione complessa e tutt’altro che in fiore. (dalla recensione su "Amedit")
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