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Anno edizione: 2015
Anno edizione: 2021
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Ho letto questo libro con un ritmo sempre più intenso: via via che la storia si definiva e i personaggi si stagliavano meglio nella vicenda, la lettura procedeva più fluida. Bello, intenso e molto...cinematografico.
Ho trovato questo libro poco coinvolgente. Usare una storia d'amore sullo sfondo della seconda guerra mondiale e' un'idea che in molti hanno avuto (anche riscuotendo molto successo) ma in questo libro non ha decisamente funzionato. La storia di Selva e Rafo e della famiglia Alfandari l'ho trovata troppo semplice e comune se si considera l'epoca in cui viene ambientata. Pochi, anzi, pochissimi i riferimenti alla seconda guerra mondiale....non basta scrivere la parola "ebreo" o "Hitler" per ambientare un romanzo in quel periodo. Il tutto viene descritto con una voce narrante troppo pacata considerando il contesto. Ciò nonostante apprezzo l'autrice che ha raccontato una parte della storia turca che io non conoscevo. ^_^
Sabiha e Selva sono due sorelle figlie di un pashia ottomano in Turchia. Cresciute nell'agiatezza della loro posizione, studiano nelle migliori scuole e parlano due lingue. Il padre le cresce con gl'ideali della fratellanza e uguaglianza, senza discriminazioni di razza di culto religioso. Sono entrambe belle, ma la preferita del padre è Selva, creando così una sconfinata gelosia in Sabiha ... fino a quando la bella, intelligente e musulmana Selva s'innamora dell'ebreo Rafo. Relazione alimentata e approvata dalla sorella con l'intenzione di eliminarla. Selva, contro il volere di tutti, si sposa con il suo amore e fuggono a Parigi, ma in Francia arriva Hitler... Libro bellissimo e consigliatissimo.
Recensioni
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Ankara, Turchia 1941. L’ultimo pascià ottomano della Turchia, Fazil Resat Pasa, ha due figlie: la bellissima Sabiha, sposata con il diplomatico Macit, e Selva, una ragazza ribelle e sensibile che, contro il parere delle famiglie, ama e sposa l’ebreo Rafo e si trasferisce con lui in Francia. L’amore tra i due giovani è considerato un motivo di vergogna e porta quindi ad una separazione dolorosa, tra sensi di colpa, dolore e solitudine.
Ma le gradi tragedie familiari diventano piccole dinnanzi ad una guerra imminente: “la Turchia si era ritrovata tra l’incudine e il martello. Da una parte c’era la Gran Bretagna, che aveva a cuore solo i propri interessi e che faceva pressioni affinché la Turchia diventasse un suo alleato; dall’altra c’era l’atteggiamento minatorio della Germania. Come se non bastasse, la Russia aveva teso alla Turchia un pugno di ferro in un guanto di velluto. Il loro interesse in Kars, in Ardahan, nel Bosforo e nei Dardanelli pendeva come la spada di Damocle.” (p. 8)
Sono ormai lontani i giorni spensierati nei quali le due sorelle trascorrevano gli inverni nella loro villa di Istanbul e le estati nella residenza al mare. Tutto cambia: la guerra diventa l’unico argomento di conversazione per le mogli dei diplomatici dedite ai bridge e alle feste, mentre i mariti sono rinchiusi in ufficio, impegnati nel gestire le difficili relazioni con gli Stati in guerra. E Selva e Rafo? Hitler invade la Francia e i due giovani sposi sono in pericolo, così come tutti gli ebrei in Europa, costretti a nascondersi per scampare ai rastrellamenti dei nazisti.
In tanta desolazione, un barlume di speranza: nel 1942 i diplomatici turchi cercano di radunare tutti gli ebrei di Parigi che avevano salvato dai campi di lavoro, per mandarli con il treno a Istanbul. Il governo turco sta organizzando un viaggio verso la libertà: avrebbe noleggiato una carrozza e l’avrebbe attaccata ad uno dei treni in partenza da Parigi verso Edirne, al confine con la Grecia e la Bulgaria. Accanto agli ebrei di nazionalità Turca, la Resistenza francese vuole nascondere anche altri ebrei, fornendo loro passaporto falso e una nuova identità turca. Il piano si mette in moto, e i passeggeri, tra cui Selva e Rafo, stanno per intraprendere il viaggio più lungo e difficile della loro vita.
L’ultimo treno per Istanbul è il primo libro di Ayse Kulin – una delle autrici più famose e amate della Turchia – a essere stato tradotto nel nostro paese. L’autrice spiega che il suo romanzo non è una storia vera, bensì di tante verità, poiché è basato sulle esperienze di diversi diplomatici turchi che, assegnati in Europa durante la seconda guerra mondiale, che sono riusciti a salvare tanti ebrei, turchi e non.
La storia di un amore contrastato diventa il simbolo dell’unione e della solidarietà tra esseri umani: una coppia si trasforma in moltitudine e racconta la sofferenza, la paura e la violenza della guerra, ma anche il coraggio e la forza di quegli uomini che lottano per gli ideali di libertà e giustizia, perché “l’urgenza della guerra non deve farci dimenticare la nostra umanità.” (p. 187)
Un romanzo intenso e coinvolgente che fornisce un diverso punto di vista sui tragici avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale; una lettura interessante che ci spinge a riflettere su quanto peso la politica e la religione esercitino sulla vita delle persone e su come l’intolleranza e la stupidità umana siano il motore di grandi tragedie, familiari o mondiali che siano. Una storia emozionante che aiuta a capire cosa hanno provato coloro che sono stati travolti da una guerra, ma che evidenzia anche la possibilità di dimenticare pregiudizi e differenze di religione, cultura, paese di appartenenza. Ancora una volta, a colpirci sono il coraggio e la forza che tante persone sono riuscite a dimostrare, mettendo la propria vita a servizio degli ideali in cui credevano: “A conti fatti, cos’è poi la vita? Non moriremo tutti alla fine? Credo che valga la pena vivere se, mentre siamo su questa terra, facciamo qualcosa di onorabile”. (p.242)
Recensione di Chiara Barra
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