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Quando l'ho acquistato ero consapevole del fatto che non si trattava di una trasposizione cinematografica del racconto di Cervantes, ma di un film che impiega il Don Chisciotte come mezzo per affrontare altre tematiche. Ma andiamo per ordine. Cosa mi è piaciuto di questo film? Innanzitutto la colonna sonora che giudico bellissima, la scenografia, gli effetti speciali, la tecnica di ripresa e soprattutto l'ambientazione, ovvero i luoghi in cui sono state svolte le riprese. Inoltre, Jonathan Pryce è bravissimo nei panni del "cavaliere dalla triste figura". Cosa non mi è piaciuto? La grande confusione. Tale, da renderlo a tratti difficile da seguire. Non mi è piaciuto neanche lo stereotipo del russo: ricco e senza scrupoli, alle prese con escort e schiave sessuali, paragonato a Trump con una battuta radical chic fatta da "il capo" (Stellan Skarsgard). Ritengo che tale rappresentazione non abbia proprio nulla a che fare con la figura del Duca del romanzo di Cervantes. Non mi è piaciuto nemmeno l'antistorico accostamento della cacciata dei moriscos del XVII secolo con l'attuale situazione dei rifugiati non cristiani. Non mi è piaciuta la rappresentazione della figura di Dulcinea, tra l'altro mal interpretata da Joana Ribeiro e l'elenco delle cose che non mi sono piaciute potrebbe proseguire.
Se da una lato la seconda parte della pellicola abbandona le sue regole narrative per inoltrarsi nel territorio della follia e si ispira chiaramente ai fatti che hanno ruotato attorno alla reale lavorazione del film, dall’altro un intrinseco labirinto popolato da riferimenti all’attualità – il presente – ed il mondo delle memorie e del passato, apre una riflessione sull’esistenza stessa; si sta bene quando si rimane intrappolati nei propri sogni, o nella propria follia, al punto che, come nel caso di Javier, rinchiudersi in essa diventa l’unico modo per non soccombere. Seppur con i suoi difetti e le sue forzature non si può negare che L’uomo che uccise Don Chisciotte racchiuda quei due elementi essenziali che per chi ama il cinema non dovrebbero mai mancare: un’anima e un grande cuore.
Recensioni
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Un film in cui, in un continuo intersecarsi di tempi tra presente e memoria del passato, ci si chiede cosa ne sia stato delle utopie giovanili
Trama
Toby è un regista di spot che sta attraversando la Spagna per delle riprese. Durante il viaggio s'imbatte in uno studente che gli da una copia del primo film che Toby realizzò mentre era ancora uno studente: una versione della storia di Don Quixote ambientata in un antico e caratteristico villaggio spagnolo. Commosso, Toby parte per un bizzarro viaggio alla ricerca del piccolo villaggio dove aveva girato quel film. Ma presto si troverà coinvolto in una serie di catastrofi.
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