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Anno edizione: 1992
Anno edizione: 2012
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Sebastian Knight, un geniale scrittore nato a Pietroburgo nel 1899 ed educato in Inghilterra, muore in giovane età lasciando alcuni romanzi, una serie di racconti e un fratellastro, V., che decide di scriverne la «vera vita» ritornando nei luoghi frequentati dal defunto e rintracciandone le donne e gli amici. Ma V. è uno Sherlock Holmes maldestro e impacciato, le piste s'incrociano e si sovrappongono, i personaggi si sdoppiano, sfuggono, talvolta muoiono mentre la ricerca è in corso, e il libro di V. diventa un romanzo senza fine la cui forma aberrante sarebbe questa: «un autore scrive un libro su di un autore che vorrebbe scrivere un libro su di un autore il quale, incidentalmente, ha avuto in animo di scrivere una biografia fittizia; di questo autore praticamente non si hanno notizie che non siano ingannevoli o tautologiche, ed anzi l'unica vera "notizia" è che Sebastian, scrittore, ha scritto dei libri» (Giorgio Manganelli). Ma è questo un romanzo o il romanzo di una biografia che è anche autobiografia? Vladimir Nabokov, nato a Pietroburgo nel 1899, si definiva «uno scrittore americano cresciuto in Russia, educato in Inghilterra, imbevuto della cultura dell'Europa occidentale», e di questo «scrittore americano» dalle innumerevoli sfaccettature La vera vita di Sebastian Knight si può considerare l'atto di nascita e il passaporto. È un atto di nascita perché dopo i romanzi e i racconti in lingua russa è il primo libro scritto direttamente in inglese (fu composto a Parigi nel 1938, perlopiù nella stanza da bagno di un minuscolo appartamento, e pubblicato in America nel 1941 da New Directions, la casa editrice diretta dal poeta James Laughlin); ed è un passaporto per l'emigrazione da una letteratura a un'altra, nella quale Nabokov trasferisce e arricchisce il suo armamentario di scrittore-scacchista e scrittore-entomologo, i suoi giochi verbali e numerologici, le invenzioni e i colpi di scena di una regia partecipe e insieme impietosa, non di rado perversa, sempre imprevedibile.
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Non mi avventuro in un’esegesi di poche righe di un testo che è una vertigine meta-letteraria o forse una fantasia ‘futile’, nell’accezione di arte(bellezza) fine a se stessa. Mi limito a riaffermare l’assoluto splendore della prosa di Nabokov: poche sue pagine (al netto del filtro della traduzione) ricordano in modo evidente la differenza che corre tra un grande scrittore e un narratore, un costruttore di trame (profilo che pure non intendo denigrare, ma assolve altre funzioni). Nel finale, la corsa a perdifiato di V. al capezzale di Sebastian è un pezzo di bravura che sfocia nell’ennesima mistificazione, utile però a rivelare ‘che l’anima è solo un modo di essere – non uno stato costante – che ogni anima può essere la tua se ne scopri e ne segui le ondulazioni’.
Allucinante: credevo di aver già letto tutto di Nabokov, ma in questo romanzo si scardina ogni logica! Un romanzo che ne contiene molti in nuce. Forse il più sincero, il più appassionato proprio perché sappiamo che per scriverlo Nabokov attinse a materiali autobiografici e rimise mano alla sua memoria per tingerla d'infanzia e di meraviglia. Veramente commovente, alcune pagine mi accompagneranno per sempre, e il finale è catartico.
Il tema del doppio affrontato alla maniera di Nabokov, ovvero pura metaletterura di gran classe. Come del resto le due distopie, il sublime Invito a una decapitazione e Un mondo sinistro, sono distopie solo in superficie, sotto cui si manifestano più o meno palesemente, mondi su mondi, romanzi dentro romanzi su cui poter speculare all'infinito, data la mostruosa profondità filosofica e immaginifica . E solo per la presenza degli straordinari frammenti letterari (immaginari) di S. Knight, vale la pena leggere quest'opera d'arte, in cui Nabokov pare divertirsi nell'immaginare abbozzi romanzeschi che non avrebbe mai sviluppato, forse uno spreco di idee, ma al cui confronto impallidiscono intere carriere di scrittori. Una ricerca maldestra, una indagine forse solo in apparenza infruttuosa, surreale e patetica, forse un inabissarsi inconsapevolmente dentro i propri labirinti esistenziali, un grottesco gioco di specchi, e i personaggi caricaturali, mossi sapientemente su scacchiere d'ombra, depistano, si fanno beffe del lettore, lo incantano velandogli gli occhi.
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