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La veranda - Salvatore Satta - copertina
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veranda

Descrizione


La storia di questo romanzo è essa stessa romanzesca. Scritto presumibilmente fra il 1928 e il 1930, quando Satta era un giovane avvocato intorno ai venticinque anni, il manoscritto fu presentato a un premio letterario. Uno dei giudici, Marino Moretti, se ne entusiasmò, tanto da pensare di aver scoperto una controparte italiana della Montagna incantata di Thomas Mann. Ma la giuria del premio non accolse la sua proposta, innanzitutto per la scarsa ‘sanità’ del romanzo, che lo rendeva improponibile – scriverà Moretti – «al troppo delicato, al troppo sensibile, al troppo spaurito pubblico italiano». Così La veranda non fu pubblicato. Passarono molti anni, Moretti smarrì la sua copia del manoscritto, Satta divenne un celebre giurista, infine scrisse Il giorno del giudizio, romanzo che sarebbe apparso dopo la sua morte, accolto come un grande libro e tradotto in varie lingue. Poi, all’inizio del 1981, il manoscritto della Veranda riappare in modo del tutto accidentale: era custodito nella cartella dei documenti di una causa.
La «veranda» a cui accenna il titolo è quella di un sanatorio, nell’Italia settentrionale, dove è ospite il protagonista, un giovane avvocato. Intorno a lui non vi sono borghesi colpiti dal male canonico, ancora in quegli anni, per gli esseri sensibili, ma un campionario di relitti, provenienti dalle più varie zone d’Italia. Si ritrovano ogni giorno nella veranda del tubercolosario, uniti da una comunanza nella noia e nella paura. Non si chiamano neppure per nome, ma con quello delle rispettive città, come commilitoni della morte. È un mondo a parte, con i suoi riti, il suo gergo, le sue vittime, i suoi intrighi. Ed è anche il mondo in genere, ridotto alla miseria e ai sogni.
Già dominato dalla tenebrosa visione che, a distanza di vari decenni, si dispiegherà nel Giorno del giudizio, Satta ci avvolge totalmente in quel mondo, con precoce sicurezza di narratore, disegna alcune figure memorabili, come quella di Melanzana, un pover’uomo che non riesce a morire ed è diventato il genio tutelare del luogo, e soprattutto ricrea con desolata asciuttezza una condizione sospesa, di «offensiva confidenza con la morte». Anche la storia d’amore che si intesse fra il protagonista e una malata del reparto femminile è oppressa da un senso di precarietà e terrore. Se pensiamo ai romanzi italiani di quegli anni, questo primo libro di Satta si distacca subito per la sua crudezza nell’avvicinare la realtà dolorante e insieme per il cupo lirismo che sottende l’evocazione.

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Dettagli

2
1981
15 giugno 1981
187 p.
9788845904677

Valutazioni e recensioni

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Mauro C.
Recensioni: 4/5

La veranda è un'opera molto toccante, molto intensa di Satta, ma resta un paio di gradini sotto il Giorno del Giudizio che rimane un capolavoro. Di questa "veranda" metaforica posso dire molto, di come la tristezza, l'angoscia della malattia, dell'incerto futuro assottiglino sempre più lo spartiacque tra la vita e la morte. Di tutte quelle vite appese lì, ad un filo, descritte con maestria, degli ambienti, dei sapori, delle notti e dei risvegli, di tutti quei tormenti.. Un altro straordinario libro.

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FABIO SCARNATI
Recensioni: 4/5

Incredibilmente bello. A mio modesto parere superiore a "Il giorno del giudizio" dello stesso autore.

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Recensioni

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Conosci l'autore

Salvatore Satta

1902, Nuoro

(Nuoro 1902 - Roma 1975) giurista e scrittore italiano. Docente di diritto in varie università italiane, aveva già mostrato notevoli doti di scrittore con i volumi diaristici De profundis (1948), amara riflessione sulla guerra, e Soliloqui e colloqui di un giurista (1968); ma la vera «rivelazione» avvenne postuma, con Il giorno del giudizio (1977). Accostato al Gattopardo di G. Tomasi di Lampedusa, il romanzo è la saga di una famiglia di notabili nuoresi avviata, come la realtà che essa rappresenta, verso una fatale decadenza; con pagine di affascinante coralità, animate da vivaci bozzetti di vita di provincia, si narra l’inarrestabile estinguersi della tradizione, in uno stile funereo e barocco. Successivamente, nel 1981, è stato...

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