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Recensioni La via di Lisbona. In fuga dal nazismo nella città sospesa

Recensioni: 4/5
La sconfitta della Francia, nel 1940, trasforma il porto di Lisbona nell'ultima via di fuga da un'Europa che stava diventando un'immensa prigione nazista. La piccola città dalla vita calma e provinciale viene invasa da decine di migliaia di profughi in cerca della salvezza, di un visto, di un biglietto aereo o di un passaggio in nave che poteva tardare mesi. È così che, in un Portogallo aggrappato alla fragile neutralità del regime di Salazar, Lisbona sembra per alcuni anni trasformarsi nel centro del mondo: illuminata come la Parigi di prima della guerra, irreale nelle vetrine alla moda, nell'abbondanza di cibo, alcolici e sigarette, nei locali e sale da gioco, nell'eccitazione di una vita ansiosa e di un'attesa senza fine. Una città in bilico tra la sua vecchia identità e quella di una eterogenea folla giunta a piedi, in bicicletta o con mezzi di fortuna, dopo avventurosi e spesso tragici viaggi attraverso la Francia, la Spagna o il Nord Africa: ebrei, oppositori, gente che aveva perso tutto o personaggi ricchi e famosi, tutti accomunati dalla necessità di trovare una nuova patria a rischio della vita; letterati e artisti come Antoine de Saint-Exupéry, Jean Renoir, Chagall, Duchamp, Breton, Man Ray, Alma Mahler, Franz Werfel, Arthur Koestler, Walter Benjamin, Ian Fleming e i duchi di Windsor, la collezionista Peggy Guggenheim insieme a migliaia di volti senza nome in fuga dalla deportazione. Ma la capitale del Portogallo è anche la porta d'ingresso per i molti che compiono il percorso inverso, verso l'Europa in guerra: diplomatici, giornalisti, faccendieri, criminali, spie, doppiogiochisti, mercenari. Il miscuglio di questa umanità così diversa dona alla capitale portoghese in quei lunghi mesi un'atmosfera piena di elettricità e di tensione, nella quale una certa disinvoltura nei costumi si unisce a un fascino decadente e vagamente cospiratorio. Weber racconta questa storia ancora troppo poco conosciuta attraverso le mille vicende di coloro che hanno avuto la ventura di viverla, con una magistrale padronanza della grande storia politica e una sensibilità rara verso il minimo e il privato.)
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