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Il viaggio di Veronica. Una storia personale del ritratto fotografico - Ferdinando Scianna - copertina
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Il viaggio di Veronica. Una storia personale del ritratto fotografico - Ferdinando Scianna - copertina

Descrizione


«Veronica sfugge al controllo del centurione, si avvicina a Cristo e imprime un candido panno sul suo volto istoriato di piaghe e sangue. Quelle piaghe e quel sangue lasciano sul panno la traccia, l'immagine esatta e irripetibile dell'uomo-dio. Che fotografia accidenti! Che ritratto!»

«Ferdinando Scianna dedica l'ultimo saggio alla complicata e ambigua arte del ritratto, di cui Cartier-Bresson fu maestro indiscusso» - Marco Belpoliti, Robinson

Secondo un vecchio ma efficace cliché, la prima fotografa della storia fu santa Veronica. La leggenda narra che vedendo Cristo piegato sotto il peso della croce, ricoperto di sudore e sangue, Veronica si sia avvicinata e gli abbia asciugato il viso con un panno, sulla cui tela rimasero impressi i tratti di Gesù. Ecco, allora, il primo ritratto "fotografico" della storia. Bisognerà aspettare l'inizio dell'Ottocento per un procedimento chimico e meccanico in grado di rivaleggiare con la Veronica, quando in pochi mesi, quasi in contemporanea, Niépce e Daguerre, Fox Talbot e Bayard arrivano a mettere a punto l'invenzione fatale che Sir John Herschel battezza col nome di fotografia. I primi ritratti fotografici servono per catalogare e studiare le tribù indigene di Asia e Africa, ma anche a Lombroso per mettere a punto il concetto di fisiognomica criminale e a Galton per cercare sostegno alle sue idee sull'eugenetica. Nel frattempo, per l'apparato burocratico statale la fotografia diventa una risorsa indispensabile, da declinare in milioni di ritratti in formato tessera, già prima che la propaganda la sfrutti per raccontare e sostenere il potere. Ma se da un lato il ritratto viene usato per analizzare e incasellare gli esseri umani, dall'altro sono presto evidenti le potenzialità estetiche di questa tecnica rivoluzionaria. Nadar la eleva all'altezza dell'arte figurativa classica, aprendo la strada ai grandi fotografi di ritratto: da Margaret Cameron a Lewis Hine, da Dorothea Lange a Richard Avedon, fino ai capolavori di Cartier-Bresson, "il Mozart della fotografia". Che siano immagini glamour accuratamente studiate in teatri di posa o scatti rubati alla realtà inconsapevole, i ritratti raccontano tanto sul soggetto rappresentato quanto sul fotografo, sulla sua visione del mondo e sull'idea che sorregge quello scatto. Un gioco di specchi affascinante in cui si riflette la storia di come l'uomo ha codificato la propria immagine, di come osserva e rappresenta se stesso. Un gioco in cui si è appassionatamente fatto coinvolgere Ferdinando Scianna, che, mentre costruisce il suo personalissimo percorso nella storia della fotografia, mentre critica o elogia, scarta o riscopre, rivela cosa è il ritratto per uno dei maestri della fotografia italiana.

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Dettagli

2020
1 dicembre 2020
178 p., ill. , Rilegato
9788851174316

Conosci l'autore

Ferdinando Scianna

1943, Bagheria

A Bagheria inizia a dedicarsi alla fotografia ancora giovanissimo, agli inizi degli anni Sessanta, raccontando per immagini la cultura e le tradizioni della sua terra. Decide molto presto di diventare fotografo. Già i primi ritratti delle persone di Bagheria, che Scianna ritrae con tono partecipe e curioso, risultano carichi d’intensità. Nel 1961 si iscrive a Lettere e Filosofia all’Università di Palermo, e la sua passione per la fotografia inizia a strutturarsi. Conosce il critico Cesare Brandi e Enzo Sellerio, a cui mostra le proprio foto. Sono anche gli anni in cui si forma una coscienza politica determinante per l’evoluzione della sua fotografia, così come il vincolo con la propria terra d’origine e le tradizioni siciliane. Circa due...

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