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Per leggere questo libro bisogna armarsi di pazienza e sapere che continuamente andrai a rivedere i nomi dei protagonisti nello schema della famiglia che è presente all'inizio del volume. Detto questo il romanzo è un bellissimo spaccato della storia dei Ghosh, dinastia di imprenditori nella Calcutta della fine degli anni 60 inizio anni 70. Il libro è pieno di salti temporali che secondo me rendono meno fluida la scrittura. Comunque un romanzo pieno di atmosfera come tutti i grandi libri Indiani ed illuminante per quanto riguarda la storia di questo paese.
Recensioni
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Con questo romanzo Neel Mukherjee affronta un periodo controverso della storia indiana: il movimento naxalita della fine degli anni sessanta. Mentre l’Europa e gli Stati Uniti erano attraversati dalle lotte studentesche, a Calcutta e nel Bengala studenti e contadini si allearono in un progetto rivoluzionario di stampo maoista. L’obiettivo era di migliorare le condizioni dei braccianti nelle campagne; i mezzi erano la guerriglia, il terrorismo e gli assassinii politici. Il prologo del romanzo, l’omicidio-suicidio di un contadino e della sua famiglia, stabilisce il tono della narrazione, che non si fa remore a descrivere con grafica precisione la disperata situazione dei braccianti, le efferate azioni dei naxaliti e la feroce repressione della polizia. La stessa brutale precisione viene applicata nel raccontare le dinamiche di una famiglia della classe media, i Ghosh, altro grande centro del romanzo. La spaziosa casa dove i membri vivono in ordine di importanza, col patriarca all’ultimo piano e la vedova in disgrazia e i suoi figli al piano terra con la servitù, è teatro di scontri, piccole tragedie e mutevoli alleanze. Il precario equilibrio domestico viene improvvisamente scosso dal dissesto finanziario dell’azienda famigliare e dalla scomparsa del nipote più grande, Supratik, che decide di unirsi ai naxaliti.
Il romanzo poggia su una struttura duplice. Mentre seguiamo lo svolgersi del grottesco dramma borghese, leggiamo della lotta naxalita di Supratik attraverso le lettere che il ragazzo scrive alla donna amata, senza però mai spedirle. Le lettere si interrompono quando Supratik torna a casa dopo due anni, con l’intento di continuare a combattere in città. Tuttavia il sogno rivoluzionario di Supratik sarà sconfitto dalla repressione della polizia (…). La riflessione del romanzo ruota proprio intorno al costo umano del movimento naxalita (…).
Il romanzo non designa un vincitore morale, ma traccia uno spettro di posizioni, rimanendo ideologicamente ambiguo. Nonostante tratti di un movimento rivoluzionario che coinvolge i contadini, La vita degli altri è soprattutto un grande romanzo borghese, a metà tra i Buddenbrook e Pastorale americana. Il punto di vista dei subalterni emerge raramente ed è quasi sempre filtrato da quello di Supratik. Questo succede perché lo sguardo dell’autore ritorna continuamente a esaminare, ironico e pietoso al tempo stesso, la classe media di Calcutta e il suo fallimentare ruolo politico. La decadenza della famiglia Ghosh rispecchia il disfacimento della classe dirigente bengalese che non è stata in grado di assumere un ruolo di guida dopo l’Indipendenza, lasciando dunque spazio al sorgere di movimenti rivoluzionari e populismi.
La lucida prosa di Mukherjee, nell’ottima traduzione di Norman Gobetti, ci conduce dunque in un universo borghese insolito, eppure a tratti terribilmente famigliare.
Recensione di Carlotta Beretta
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