L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Anno edizione: 1994
Anno edizione: 2010
Promo attive (0)
WEIL, SIMONE / BOUSQUET, JOE, Corrispondenza, SE Studio Editoriale, 1994
PéTREMENT, SIMONE, La vita di Simone Weil, Adelphi, 1994
recensione di Salsano, A., L'Indice 1995, n. 5
"Felici coloro per i quali la sventura entrata nella loro carne è la sventura del mondo stesso nella loro epoca. Essi hanno la possibilità e la funzione di conoscere nella sua verità, di contemplare nella sua realtà la sventura del mondo", si legge nella lettera di Simone Weil a Joë Bousquet in data 12 maggio 1942. È la lettera di commiato, prima di partire per gli Stati Uniti, al poeta, grande invalido della prima guerra mondiale, immobilizzato da una ferita alla colonna vertebrale. Nella sua vicenda Simone vede rispecchiata la propria, certo ormai alleviata da una superiore consapevolezza, che è anche una scelta, una scelta di libertà: "Come le ho già raccontato, soltanto una risoluzione di morte possibile e a termine mi ha ridato la serenità". Questa è la rinuncia alla irrealtà del sogno, per amore della verità: si tratta di "rompere l'uovo", conoscere la realtà, accettare "l'immenso privilegio di avere la guerra nel corpo", sotto forma di una pallottola, in attesa della maturità, dell'assenso al bene - e "l'intelligenza ha un ruolo per preparare il consenso nuziale a Dio".
L'intensità propriamente "erotica", nel senso dei mistici - e "mistico allo stato selvaggio" si proclamerà Bousquet -, dello scambio Epistolare ora tradotto in italiano è un'ottima introduzione 'à rebours' al pensiero e all'intera esperienza di vita di Simone Weil. Nella stessa lettera in cui, consolatrice, si pone nondimeno a modello, Simone parte dal dolore fisico che l'affligge da dodici anni "al punto di congiunzione dell'anima al corpo", il sistema nervoso, per ricordare l'esperienza operaia in un'officina meccanica, nel 1934: "La combinazione dell'esperienza personale con la simpatia per la miserabile massa umana che mi circondava e con cui ero indistintamente confusa, persino ai miei stessi occhi, ha fatto entrare la sventura della degradazione sociale così profondamente nel mio cuore che da allora mi sono sempre sentita una schiava, nel significato che il termine aveva presso i romani". In quel periodo, ella prosegue, Dio non aveva alcun posto nei suoi pensieri; lo avrà solo sul finire del 1938, di nuovo in un momento di intenso dolore fisico. Sostanzialmente stoica in precedenza, digiuna della lettura dei mistici, solo da allora il nome di Dio e quello di Cristo si mescoleranno ai suoi pensieri.
Le stesse parole si ritrovano nell'"Autobiographie spirituelle" scritta qualche giorno dopo, sempre a Marsiglia, per il padre Perrin, nel passo riportato da Simone Pétrement in "La vita di Simone Weil", finalmente disponibile in italiano sia pure in un'edizione ridotta rispetto a quella originale (cfr. la nota della curatrice). Ma già dall'intensità e concisione dello scambio epistolare risultano bene tutti gli elementi che rendono appassionante la lettura della biografia della Pétrement.
Sul piano del pensiero, per cominciare, con la centralità del rapporto tra verità e libertà, che ha origine nell'insegnamento di Alain, comune alle "due Simone", come Giancarlo Gaeta intitola la sua nota introduttiva al volume adelphiano. Rapporto che esse affronteranno in modo opposto da quando, ancora studentessa, nel corso di una gita in barca al Bois de Boulogne, la Péttement aveva confidato all'amica la propria insoddisfazione per il primato assegnato da Alain alla libertà. Proprio da questo primato partiva invece Simone Weil che in quell'occasione aveva replicato con una parabola estremamente significativa: "Un bambino, vittima di un incantesimo, deve scrivere correttamente una certa parola per essere liberato, ma l'incantesimo ha l'effetto di fargli prendere una lettera per un'altra, per cui non riesce mai a scrivere quella parola. Fortunatamente giunge in suo aiuto una bambina: egli può scrivere la parola ed è liberato".
Ora, ed è questo il secondo aspetto che si vuol mettere in evidenza, non è difficile vedere nella Weil militante sindacale e (per breve tempo) politica, nell'intellettuale che si infligge un'esperienza di fabbrica e la partecipazione alla guerra di Spagna, e da ultimo nell'autrice delle lettere a Joe Bousquet, la stessa bambina portatrice di libertà, prima con le straordinarie analisi del nazismo e dello stalinismo (cfr. gli scritti raccolti in "Sulla Germania totalitaria", a cura di Giancarlo Gaeta, Adelphi, Milano 1990); poi, dopo alcuni occasionali quanto intensi incontri con il cristianesimo popolare che le danno la certezza che esso è per eccellenza "la religione degli schiavi, che gli schiavi non possono non aderirvi, e io con loro", con la piena immersione nell'esperienza religiosa, anzi mistica.
Naturalmente questa continuità va bene intesa, tenendo conto del cambiamento; ma il fatto stesso che Simone Weil parli contestualmente, nella lettera citata all'inizio, delle nozze con Dio e della propria esperienza operaia (come sottolinea giustamente Simone Pétrement, già successiva al distacco dalla politica) impone di considerarne la vita e il pensiero nella loro unità, comprensiva dell'intero impegno sul piano sociale, cui ella attribuisce del resto la stessa fisicità dell'esperienza corporea. Di estremo interesse, tra l'altro, le molte pagine che Pétrement dedica allo studio da parte della Well della realtà di fabbrica anche dopo quell'esperienza, non solo a livello operaio, come si pensa in genere ma anche a livello tecnico-manageriale: si vedano, per esempio, i rapporti con l'ingegner Bernard nell'inverno 1935-36 e tutto quel che riguarda Auguste Detoeuf, amministratore di Alsthom e la sua rivista "Nouveaux Cahiers" cui Simone collaborò negli anni successivi.
Unità e coerenza di una vicenda che Simone Pétrement presenta anche, con molta discrezione, sotto l'aspetto di un'evoluzione del loro rapporto intellettuale: dall'inizio, con la scena del Bois de Boulogne richiamata più sopra, alla fine quando ella cita una tardiva (1942) ammissione di Simone Weil che si riferisce a un episodio del 1937: "Non te l'ho forse mai detto ma quella volta la lettura del tuo abbozzo di tesi ha avuto su di me un'azione profonda". Si tratta di un punto chiave non solo nella ricostruzione dei rapporti tra le due amiche ma anche, ovviamente nell'interpretazione offerta dall'intera biografia, interpretazione che vale la pena di tentare di rendere esplicita.
Con grande finezza Gaeta nella nota introduttiva analizza una convergenza tra le "due Simone" nel senso del platonismo cristiano, piuttosto che in quello dello gnosticismo come vuole la Pétrement; e sottolinea la differenza tra l'idea del ritiro di Dio dal mondo della Weil e l'idea gnostica dell'assenza di Dio dal mondo studiata dalla Pétrement in quella che molti anni dopo sarà la sua grande opera ("Le Dieu séparé. Les origines du gnosticisme", Les Editions dì Cerf, Paris 1984). Ma, certo in nome di quel che "il pudore dell'amicizia preferisce lasciare in ombra", Gaeta non insiste sulla sottile tensione introdotta nell'intera ricostruzione biografica dal fatto che la Pétrement minimizza un riconoscimento cui evidentemente tiene moltissimo nel mentre che rivendica l'originalità della propria ricerca e riconosce che invece la Weil era portata dalla sua generosità "a riflettere, innanzitutto, sulle questioni sociali per alleviare le sofferenze degli uomini".
Lungi dall'essere una devota compitazione memorialistica e documentaria, "La vita di Simone Weil" dell'altra Simone prolunga dunque il loro rapporto, arricchendosi di una dimensione "privata" che ne accresce l'interesse. Per la stessa ragione, come ogni fonte che si rispetti, il libro lascia aperta la strada a studi ulteriori che infatti non mancano, necessari tra l'altro anche sullo stretto piano biografico, come nel caso dei rapporti di Simone Weil con Georges Bataille e Colette Peignot, poiché, dall'epoca della prima pubblicazione del libro in Francia (1973), si sono resi disponibili nuovi documenti e testimonianze.
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore