Un nuovo caso per il vicequestore Melis
«Scopritelo, Tuzzi, e leggete tutto quello che ha scritto.» – Fabrizio d’Esposito, Il Fatto Quotidiano
«Tuzzi si dimostra un maestro.» – Ranieri Polese, Corriere della Sera
«Attualmente il miglior autore di gialli di qualità.» – Corrado Augias, il Venerdì di Repubblica
Settembre 1988. Un grigio impiegato del Catasto viene ucciso a revolverate mentre è nel giardino della sua villetta, vicina al Parco Lambro. Un tentativo di rapina? Un incidente? Il gesto folle di qualcuno in preda ai fumi della droga? O una vendetta? I trascorsi professionali dell’uomo non offrono supporti a quest’ultima pista, in apparenza la più promettente. Ma forse il grigio impiegato non era poi così prevedibile nella quotidianità delle proprie azioni: si scopre infatti che il vecchio padre disabile…
Che la chiave del delitto vada cercata, allora, tra le pieghe di una famiglia apparentemente normale, dalla vita che sembra un susseguirsi di giorni e di gesti assolutamente banali? Mentre Melis e suoi uomini si arrovellano, percorrendo piste che una dopo l’altra si renano nelle più sterili conclusioni, gli anni Ottanta sembrano celebrare i loro massimi fasti: in quell’anno, il 1988, il Milano di Berlusconi, Sacchi e Gullit ha vinto il campionato, sindaco della «Milano da bere» è «l’onorevole cognato» del primo Presidente del Consiglio socialista della nostra storia, e l’Italia ha appena superato il Regno Unito quanto a Pil: non sarà proprio il Paese si Cuccagna, ma, a detta di molti, quasi. È proprio così? )
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