L'interessante libro di Domenico Perrotta affronta due temi: i flussi migratori rumeni e le interazioni in contesti lavorativi in cui sono presenti immigrati. L'indagine è basata principalmente su un'osservazione partecipante coperta realizzata nel 2005 in un cantiere edile di Bologna, nel quale l'autore, celando la propria identità di ricercatore, ha lavorato per due mesi come manovale a fianco di lavoratori rumeni e di altre nazionalità. Questa esperienza etnografica è stata affiancata da numerose interviste, alcune effettuate durante periodi trascorsi in Romania con l'esplicito obbiettivo di "comprendere le traiettorie di vita degli immigrati, sovente a cavallo dei due mondi". Un merito di questo studio consiste sicuramente nella molteplicità dei punti di osservazione assunti durante il lavoro sul campo: la ricerca ha guardato i fenomeni migratori "dal basso", ha analizzato le dinamiche di interazione "sia all'interno sia all'esterno dei luoghi di lavoro", ha considerato "contesti di origine e contesti di arrivo". In un mercato del lavoro in cui gli inserimenti degli stranieri avvengono soprattutto ai livelli inferiori della scala occupazionale, la notevole concentrazione di rumeni nell'edilizia segue un modello di integrazione economica subalterna, per cui gli immigrati svolgono lavori che agli italiani non interessano più come in passato. L'analisi di Perrotta si sviluppa proprio attorno alla questione centrale del lavoro e punta l'attenzione sul complesso intreccio di rappresentazioni, narrazioni e pratiche. Considerando le combinazioni di questi elementi, l'autore riflette sui modi con cui i rumeni si raccontano e danno senso alle loro traiettorie definendo il proprio ruolo nella società di arrivo. La rappresentazione di sé e dei propri connazionali è quella di grandi e instancabili lavoratori, in linea con l'immagine prevalente dell'immigrato nel contesto italiano, la cui presenza è legittimata dalla sua utilità economica rispetto al sistema. Si tratta di una visione della migrazione basata sull'idea del sacrificio, che non lascia spazio alla realizzazione personale e non prevede l'acquisizione graduale di diritti e status. L'autore, ispirandosi a Gramsci, sottolinea come l'incapacità di elaborare una costruzione di sé e del proprio ruolo al di fuori delle classificazioni egemoniche proposte riveli la forza dei fattori simbolici, così potenti da vincolare i percorsi biografici al modello di integrazione subalterna anche da un punto di vista culturale. Nelle interviste l'esperienza migratoria, articolata su una sequenza che va dalla crisi nel contesto di origine ai rischi dell'emigrazione al ritorno come prospettiva, è raccontata secondo uno schema che riflette una certa "disposizione (auto-)predatoria" dei rumeni verso l'Italia, coerente con il carattere transitorio ed esclusivamente economico della loro integrazione. Una disposizione legata a un orientamento strumentale reciproco: quello dei rumeni verso il lavoro e quello della società ospite verso i rumeni. Questa chiave di lettura permette di comprendere che cosa avviene entro il cantiere, un contesto "tutt'altro che conciliato", dove alla tensione tra dipendenti e datori alimentata da continue negoziazioni su ritmi, carichi e orari di lavoro fanno da contraltare le pratiche di costruzione di una lealtà "sempre provvisoria" tra colleghi. Davide Donatiello
Leggi di più
Leggi di meno