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Mi attirano sempre gli scritti contro i valori dominanti nella società, ma sempre mi ritrovo a leggere le solite critiche a glob.ne, Us, liberismo, consumi ed econ, anche se qui un minimo di idea c'è. Distingue tra glob.ne (econ/trasp/comunic) positiva e mondializzazione (trend verso un unico soggetto politico/amministrativo), negativa perché comporta perdita di identità/valori (pensiero unico, l'occid possiede la verità e pretende di esportarla/imporla), sottomissione al consumo (l'econ dell'offerta ha prevalso, noi consumiamo per produrre di più e non per reale bisogno), uguaglianza proclamata ma presenza di stratificazione sociale; in un mondo che si sta omogenizzando lo scontro finale non sarà tra civiltà (occid-islam) o modelli sociali (liberismo-marxismo) ma tra dominanti e dominati, ed avrà inevitabilmente forma non istituzionalizzata (quindi terrorismo, non guerra). A parte questa idea espressa nelle prime 10 e nelle ultime 5 pag (su 70) il resto è la solita zuppa. Liberalismo e marxismo due facce di stessa medaglia con risvolti solo negativi, terzomondismo, eurocentrismo e neocolonialismo economico con guerre pilotate per export forzato del modello socioeconomico con conseguenze a carico di civili. Alla fine è contro la tensione verso il meglio/futuro (normale antilluminismo), a favore della ricerca di un nuovo equilibrio; critica la modernità ed esalta una (temporalmente vaga) vita/economia preindustriale. Manca però il concetto di divenire e l'analisi delle conseguenze dell'applicazione del modello proposto, e questo (e l'assenza di propositività, a parte un ovviamente irrealizzabile "ritorno") inficia di molto le legittime idee espresse; come collocare le idee nella pratica? ammesso che ci si provi, che accadrebbe al sistema formatosi negli ultimi 2 secoli? Non ci sono considerazioni al proposito, e non ci sono riflessioni sul fatto che sopire l'ambizione umana (economica e tecnologica) significa anche frenarne lo sviluppo intellettuale e morale.
E' un testo che si legge bene, chiaro comprensibile. Come per tutti i libri di Massimo Fini anche questo è senz'altro un contributo notevole alla riflessione sulle tematiche più urgenti, la critica al modello di sviluppo basato sulla crescita economica, il falso progresso, la falsa democrazia e le ingerenze delle superpotenze che stanno rompendo l'armonia, gli equilibri dei popoli, e sconvolgono l'umanità con il mito della globalizzazione: trovo una affinità di pensiero con il grande Pier Paolo Pasolini.
Ogni stato, per sopravvivere, ha la necessità di imporre delle proprie "verità" ai suoi cittadini. Questo è un fatto imprescindibile per una qualsiasi vita politica. Noi occidentali abbiamo le nostre, alcune delle quali nemmeno troppo condivise, non da tutti almeno, ed è nostro diritto metterle in pratica nel luogo in cui viviamo. Non è assolutamente nostro diritto, invece, pretendere che il resto del mondo si adatti a noi, con le buone o con le cattive. Molti dei peggiori disastri compiuti dall'uomo hanno alla base questa ignobile ideologia da due soldi. Non ci siamo accontentati di depredare le "colonie" di tutte le materie prime di cui disponevano (almeno il colonialismo, pur nei suoi immensi squallori, non aveva ridotto le popolazioni indigene alla fame), ma abbiamo promosso, ed imposto al resto del mondo, il cosiddetto "libero mercato" come unico principio economico attuabile(libero soltanto per noi), quando si trattava solo ed esclusivamente di modellare, o meglio "omologare", al nostro standard di vita l'intero resto del mondo. Non bastava più rubare agli stati africani e asiatici tutto ciò che poteva tornarci utile, ma si era reso necessario trasformare degli esseri umani in "consumatori", in modo tale da distruggerli totalmente. Non è forse questo lo scenario in cui ci troviamo al giorno d'oggi? Massimo Fini si impegna in questo ragionamento, mettendo per iscritto tutte le sue idee al riguardo in questo magnifico e caustico pamphlet, che riesce a demolire, pezzo dopo pezzo, tutti gli artifizi che noi stessi adoperiamo per autoconvincerci di essere sulla retta via. Il tutto spiegato non solo con la consueta chiarezza, ma con una precisione e uno stile che ricordano molto Noam Chomsky.
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