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Anno edizione: 2016
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Comperato, letto, consigliato. Porta la memoria e il respiro in luoghie spazi di valore, che il cosiddetto progresso ha immeritatamente disgregato
Sì, è un mondo che parla. Il testimone di storie. Il museo dei ricordi. Un libro ricevuto in dono. Un dono bellissimo.
"Alle case e alle cose basta restare ferme, è solo nostra l'ansia del passare del tempo." Ferraguti racconta il suo apprendistato nell'esplorazione di luoghi abbandonati, attraverso "esercizi" di complessità crescente. Questo avvicinamento progressivo gli consente di imparare ad ascoltare le voci delle case abbandonate, che racconta con trasporto e una certa poesia. Meno poetica l'idea di "salvare" gli oggetti trovati e la distinzione un po' autoassolvente tra esploratori e ladri. L'argomento dei luoghi abbandonati meriterebbe ben altro approfondimento, che tuttavia non sarebbe giusto chiedere a questo gradevole libricino.
Recensioni
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Qualche giorno fa mi è capitato tra le mani un libricino che ho letto in un paio d’ore e che ritengo affascinante…sicuramente lo rileggerò un’altra volta tanto mi è piaciuto, si tratta de La voce delle case abbandonate di Mario Ferraguti, Ediciclo edizioni. Parla di silenzi, di suoni, di luci e di ombre, di colori, odori, di solitudine e a anche di paura.
Mario Ferraguti è uno scrittore che abita sulle colline del parmense. Dopo anni di ricerche sull’Appennino ha pubblicato varie opere che ne descrivono il mondo affascinante e a volte misterioso e da cui sono anche stati tratti degli spettacoli teatrali. La voce delle case abbandonate fa parte della collana “Piccola filosofia di viaggio”. Infatti l’autore ci accompagna proprio in un viaggio, un percorso tra vecchie mura che non sono le rovine di antichi palazzi storici più o meno famosi bensì i resti di abitazioni di gente qualsiasi, luoghi banali che hanno ospitato famiglie semplici e che, nonostante l’abbandono, hanno una vita propria. Tutte le case abbandonate raccontano storie e, pur conservando ancora i segni della presenza umana e gli odori degli animali nelle vecchie stalle, ora sono abitate da insetti, ragni, topi e alberi che hanno conquistato uno spazio che prima non era a loro riservato.
“Non so se c’è stato un inizio. Mi ricordo che guidavo e basta, non sapevo neanche dove andavo a finire. Ecco, forse è cominciato che, gira e rigira per quelle strade di pianura tutte uguali con a lato i fossi, mi sono trovato davanti una casa abbandonata” così inizia l’avventura di Ferraguti. Entrare in queste case richiede sempre prudenza e anche sensibilità, quindi l’autore ha prodotto una specie di decalogo per intraprendere le sue esplorazioni. L’opera racconta un viaggio poetico, fatto di riflessioni semplici che ci aprono un mondo vicino ma nello stesso tempo sconosciuto. E poi, non è facile entrare nelle case abbandonate e soprattutto sapervi entrare in confidenza, non da ladro ma da esploratore, perché loro sembrano proteggersi dagli intrusi, sono sempre (o quasi) chiuse se non a chiave con lucchetti o anche solo da una spranga. Tuttavia, capita che si trovino dei vetri rotti o che qualche porta si stia staccando dai cardini, così il viandante è tentato di scoprire quale nuova vita si è appropriata di quei luoghi “mi sono convinto che prenderle era toglierle dall’abbandono […] era dargli la possibilità di farsi toccare da altre mani, farsi guardare da nuovi occhi (pag.52). Ferraguti ha pensato di raccontare la storia degli uomini che li hanno abitati dando voce ai luoghi di cui si parla.
Il viaggio è intenso, suggestivo. Si percepiscono echi lontani perchè gli oggetti abbandonati hanno voglia di raccontare quasi fosse possibile per loro tornare a vivere. Gli ultimi mobili dimenticati non hanno più né forma né colore, i loro cassetti e le ante si aprono per lasciar entrare nuovi ospiti. In cucina vecchie pentole e altre stoviglie ormai inutilizzabili ricordano le cene attorno al camino. Sarà stata una partenza improvvisa? Magari attendono ancora un ritorno… Con il passar del tempo qualche vetro si rompe, la pioggia e la neve si intrufolano dalle tegole che si sono mosse finchè anche le travi più solide, stanche di reggere il tetto, si staccano. Poi ci sono gli alberi che insinuano le loro radici sotto i pavimenti, anche loro curiosi delle storie degli uomini, o entrano dalle finestre allungando i rami e depositando semi che iniziano a germogliare originando piantine che, annoiate da tanta solitudine, si aggrappano ai muri per far loro compagnia. Anche sulle pareti i colori si attenuano a poco a poco fino a sparire. Con il passar degli anni rimangono solo più pietre, legno e terra. Ma nonostante l’abbandono le case restano vive. Case di montagna, case di campagna, case di mare… Un fascino silenzioso. Per questo rileggerò questo piccolo libro, per ascoltare ciò che hanno ancora da raccontare, per sentire il loro respiro.
Recensione di Clara Domenino.
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