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Guedj è secondo me grande nel “raccontare” la matematica. Divulgatore sarebbe riduttivo. Potrei azzardare e definirlo un “affabulatore matematico”. Tuttavia, dopo aver apprezzato “Il Teroema del Pappagallo” e “La Chioma di Berenice”, questo nuovo romanzo mi ha lasciato più freddo. Quando il racconto si fonde con la matematica, Guedj è sempre geniale e/o poetico nel presentarcela, ma in questo romanzo la matematica appare di meno e, come puro narratore, è molto meno convincente. Una lettura gradevole ma niente più.
Recensioni
Un nuovo libro di amore e di matematica, una nuova storia di Denis Guedj, lo scrittore algerino che, nel Teorema del pappagallo, ci aveva raccontato la storia della matematica come eterna sfida dell'uomo all'ignoto e che, in queste pagine attraverso cinque fantastiche storie d'amore, svela una delle pietre miliari della civiltà: la scoperta dello zero.
In epoche diverse, sotto il cielo dell'antica Mesopotamia, la protagonista è una donna, l'affascinante Aémer. Sacerdotessa nella città di Uruk nel 2000 a.C., prostituta a Ur mille anni dopo, esperta nell'interpretazione dei sogni a Babilonia nel 500 a.C., specializzata in danza del ventre e furto di libri nella cosmopolita Baghdad del IX secolo, la donna ritorna infine nei panni di un'inquieta archeologa francese ai nostri tempi, durante la seconda guerra del Golfo. Attraverso le sue vite, tra passioni, colpi di scena, fughe e avventure, scopriamo le tappe della strada percorsa dall'uomo nel tentativo di rappresentare la quantità: prima con i calculi di argilla, poi con i segni, inventando un sistema via via più raffinato in grado di unificare le lettere dell'alfabeto con i segni tracciati nella polvere per fare i conti. E con l'incontro tra la danzatrice di Baghdad e un fiero pirata indiano, si arriva alla scoperta più straordinaria: quella delle dieci figure perfette, tante quante le dita delle mani, che bastano da sole a rappresentare tutti i numeri. E lo zero, la rappresentazione del nulla, è l'impalcatura che sostiene tutto l'ingegnoso sistema, la chiave per comprendere come abbiamo imparato a "contare il mondo".
Un libro affascinante che ricrea la magia dell'origine dei numeri tra le sabbie del deserto e le paludi del Golfo Persico, restituendo al lettore la bellezza estetica e concettuale dello zero che, come dice Aémer, consiste nel "marcare il vuoto" e nel "considerare l'assenza come una presenza". Perché, scrive Guedj, "per quanto numerose siano le cose, ce n'è sempre una in più, una in più che si può desiderare, che si può possedere, che si può rifiutare. E non c'è fine ai numeri".
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