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Due sono i temi che pone questa raccolta di scritti (pubblicati sul Corriere della sera negli anni della lunga ricostruzione). Il primo attiene la nascita di un pensiero conservatore o per meglio dire dell'ambientalismo moderato dei primi anni cinquanta non giocato su un progetto di trasformazione sociale ma su un atteggiamento di dura conservazione: paesaggio contro modernizzazione identità contro vandalismo nostalgia contro trasformazione. In modo duro semplificato e consolatorio. Posizioni che non fanno della difesa del patrimonio culturale e paesaggistico occasione di progetto quanto di denuncia. Il Mondo di Pannunzio Il Borghese di Longanesi la nascita di Italia Nostra le posizioni di Antonio Cederna e prima appunto quelle di Leonardo Borgese (dal quale il primo molto ha preso). Se a costoro si deve il merito di aver posto in modo molto anticipato nel nostro paese il problema della qualità e dei costi dello sviluppo bisogna pure riconoscere l'ostilità nei confronti della modernizzazione faticosamente conquistata. Queste pagine di Borgese con più sofisticatezza forse di altre sono sostenute da un sentimento di indignazione: lo sdegno per l'incapacità di vedere nel territorio un bene comune per l'uso distorto l'appropriazione l'accaparramento per la mancanza di cura. E l'indignazione diventa ricordo rimpianto nostalgia di una bellezza integra incontaminata. Il secondo tema concerne il ruolo di mediazione che il discorso sul territorio aveva (e non ha più) la capacità di mettere a contatto un discorso sullo spazio e un sapere comune. Questi scritti riflettono lo spazio che un grande giornale dedicava ai problemi della trasformazione visti dal lato del territorio (negli successivi saranno com'è noto Pasolini e Parise a scrivere dalla stessa testata di un'Italia che non vuol più essere l'Italia). Una mediazione impensabile oggi.
Cristina Bianchetti
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