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scheda di Revelli, M., L'Indice 1988, n. 3
Il saggio di Stephen A. Marglin che apre la raccolta e le dà il titolo, "A che servono i padroni?", contiene una tesi rivoluzionaria: non solo la struttura gerarchica della produzione industriale e della società capitalistica non è affatto inevitabile, ma anche la divisione tecnica del lavoro e l'affermazione del sistema centralizzato di fabbrica, non sarebbero per nulla legittimate da alcuna necessità tecnica. Più che a una loro presunta superiorità tecnologica, esse dovrebbero la propria affermazione a un'assai meno oggettiva utilità politica: al fatto cioè che consentiranno fin da subito, per usare la cruda espressione dell'autore, "al capitalista di arraffare una fetta più grossa della torta a spese del lavoratore". Esempio limite di analisi controfattuale, volto a esplorare possibili passati alternativi, il saggio di Marglin ben si accompagna al contributo di C. F. Sabel e J. Zeitlin, anch'esso condotto sul filo dell'argomentazione economica e volto a negare la necessità tecnica e storica della concentrazione industriale, cioè del processo di industrializzazione quale si è storicamente verificato e del modello d'industria oggi prevalente. A entrambi si contrappone Landes, il curatore della raccolta, noto storico della tecnologia (si ricordi il suo "Prometeo liberato", Einaudi 1978 e il più recente "Storia del tempo", Mondadori 1984), con due saggi in cui l'interrogativo retorico che fa da titolo ("A che servono davvero i padroni?" e "Piccolo è davvero bello?"), anticipa l'esplicito "realismo storiografico" dell'impostazione e la netta difesa dell'esistente, pur con un sottile apprezzamento per l'impostazione anti-deterministica e quindi implicitamente anti-marxista dei contributi criticati. Un volume insieme ingenuo e affascinante, sui possibili scenari della modernità, e sull'incerto carattere di destino del nostro cattivo presente.
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